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Roberto Maroni firma contro le moschee di Pisapia

Lucia Esposito
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Firmo molto volentieri e con convinzione». Anche il governatore lombardo Roberto Maroni, ex leader della Lega Nord, aderisce alla campagna di Libero contro il piano Pisapia che apre alla costruzione di due nuove moschee su aree pubbliche a Milano. Quella di Maroni non è la prima firma di peso tra i leghisti. Lo scorso 18 ottobre, prima di scendere in piazza contro l'operazione Mare Nostrum, anche l'attuale segretario Matteo Salvini aveva fatto capolino nella nostra redazione in viale Majno per partecipare alla raccolta di sottoscrizioni. Contro Palazzo Marino - Di più. A gennaio, quando il Tar bocciò il Pgt di Brescia perché non prevedeva luoghi di culto non cattolici, Maroni scrisse sui social network: «Impediremo la diffusione del virus». D'altronde l'altolà alla nascita indiscriminata di luoghi di culto era un obiettivo dichiarato dell'ex assessore regionale al Territorio e all'Urbanistica Daniele Belotti, leghista doc. Ma i magistrati hanno rimesso tutto in discussione. Ieri Maroni ha confermato la posizione, condivisa anche dal suo attuale assessore alla Sicurezza, Simona Bordonali, che a sua volta ha firmato la petizione di Libero accusando Palazzo Marino di «violare le norme» perché «la legge regionale prevede la costruzione di moschee solo laddove inserite nel piano di governo del territorio. Le regole sono chiare e nemmeno il sindaco di una grande metropoli come Milano può ignorarle». Non solo. Per l'esponente padana è necessario un referendum per decidere se realizzare o meno una moschea anche perché «modifica totalmente l'urbanistica di un territorio». La campagna - Ma torniamo ai motivi dell'iniziativa di Libero. A Palazzo Marino ha messo a bando tre aree pubbliche a disposizione delle confessioni religiose non cristiane per edificare nuovi luoghi di culto. E gli islamici, ovviamente, sono in prima fila. Tanto che il Pd ha dato subito corda, sostenendo che è incostituzionale impedire la libertà di preghiera. Il partito di Renzi ieri ha chiesto all'ufficio legale della Regione un parere sulle iniziative del centrodestra, volte a contrastare la diffusione indiscriminata di minareti. Proprio a questo proposito, oltre all'intervento di Maroni, si segnala quello del capogruppo leghista in Regione Massimiliano Romeo. Il quale risponde ai democratici furiosi dopo l'adesione dell'assessore Bordonali alla battaglia di Libero. Il centrosinistra, come detto, grida allo scandalo e alla violazione di Costituzione e leggi. «Francamente del parere dell'ufficio legale ce ne freghiamo» tuona Romeo. «È bene ribadire infatti che la facoltà di legiferare è demandata a coloro che ricevono un'investitura democratica da parte dei cittadini, non certo alla burocrazia». E poi: «Siamo fermamente intenzionati a proseguire con l'iter di approvazione di un progetto di legge su una tematica molto sentita dai cittadini lombardi e non intendiamo arretrare di un solo passo. Inoltre è bene ribadire che il parere espresso dall'ufficio legale del consiglio regionale non è in alcun modo vincolante. Quanto alle critiche mosse dal Pd in merito al referendum» conclude Massimiliano Romeo «fa specie che un partito che si fregia della dicitura di “democratico” nel suo stesso nome sia sempre molto ostile quando si tratta di far decidere al popolo».  Sempre restando al centrodestra, anche l'azzurra Mariastella Gelmini si era schierata con Libero chiedendo che nelle moschee vengano fatte prediche esclusivamente in lingua italiana. Di più: «No a nuovi luoghi di culto» ribadisce l'ex ministro. di Matteo Pandini

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