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Pansa: l'Italia di Renzi è un Paese che odia i vecchi

Lucia Esposito
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Volete una storia sui rapporti tra vecchi e giovani in questo 2014? Eccola, l'ho scovata nel numero di Ferragosto della Stampa, l'unico giornale ad averla pubblicata. Siamo in provincia di Salerno, a Olevano sul Tusciano. La sera di martedì 12 agosto un signore di 81 anni, Vito Manzi, va in piazza Umberto I e si siede su un gradino, per godersi un po' di fresco. Lo avvicina un giovane sui vent'anni che inveisce contro di lui per avergli soffiato il posto che riteneva suo. Dopo qualche raffica di insulti, «Stattene a casa, vecchio!», il giovanotto si mette in cerca di un sampietrino, ritorna in piazza e comincia a pestare la testa del signor Manzi. L'aggredito si accascia con il volto coperto di sangue. La prima ad accorgersene è la moglie, Carmela Bufano, che ha assistito al diverbio dal balcone di casa. Scende a precipizio le scale, ma appena arrivata in piazza ha un malore. Morirà per infarto sull'ambulanza del 118 che la sta portando in ospedale. Anche il marito viene trasferito a Salerno. Non sembra in condizioni disperate, forse perderà un occhio, ma non la vita. Però il suo stato si aggrava e la mattina del 13 agosto il signor Manzi spira. Il ventenne è accusato di omicidio preterintenzionale. Due morti per un gradino in piazza che un giovane voleva per sé e che un anziano aveva occupato. Siamo di fronte a una vicenda al di là di ogni limite. Ma sono proprio le storie estreme a rivelarci i cambiamenti nascosti nella società, ossia nei rapporti tra le persone. Posso anche sbagliarmi ed essere deviato dalla mia età. Non ho mai avuto timore di nasconderla, neppure sulle copertine dei libri, a differenza di altri autori. Il 1° ottobre compirò 79 anni. Dunque sono un anziano, a pieno titolo. Questo mi consente di dire che nell'Italia di oggi i capelli bianchi sono più sconvenienti di quelli neri o biondi. Tutti sostengono che il nostro stia diventando un paese per vecchi. Eppure i giovani, pure quelli che continuiamo a chiamare ragazzi anche se hanno superato i trent'anni, non sono mai stati sul trono come adesso. La giovinezza è diventata uno status symbol. Se non la possiedi più, sei fottuto. Non sederti su un gradino di nessuna piazza. Corri il rischio di morire per un sampietrino in faccia. Il primo responsabile della fastidiosa retorica sui giovani è Matteo Renzi, il presidente del Consiglio. Quando è andato al potere, giusto sei mesi fa, aveva compiuto da poco 39 anni. La stessa età di Benito Mussolini al tempo della marcia su Roma. Ma il futuro duce, ancorché circondato da un cerchio magico di trentenni, non voleva farsi passare per un giovanotto. Pur avendo la mania dell'età verde. Non a caso, l'inno preferito del fascismo diceva:«Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza…». Renzi, invece, pur essendo ormai vicino ai quaranta, ama apparire un ragazzotto, in questo aiutato dalla faccia paffuta. Si veste da ventenne: giacchetta sempre aperta, camicia bianca sbottonata, jeans, scarpe sportive. È la divisa d'ordinanza anche a Palazzo Chigi. Il suo ingresso nel santuario governativo è sempre svagato, quasi andasse a trovare un amico. Dà il cinque a tutti quelli che incontra. Come faceva da sindaco di Firenze, per la gioia delle madri e dei bambini che s'imbattevano in lui.  Anche la scelta di molti ministri è stata fatta sulla base dell'età e dell'apparenza fisica. Le ministre sono quasi tutte dei pezzi di ragazza. La Maria Elena Boschi, decisiva per le riforme istituzionali, si è pure fatta fotografare in bikini. Sul davanti a mostrare un seno da maggiorata, e sul didietro per provare di non avere neppure un cicicino di cellulite. La Marianna Madia non sa come muoversi nella giungla della pubblica amministrazione, ma in compenso viene ammirata per una bellezza botticelliana, sia pure un po' stordita. Anche la Federica Mogherini, ministro degli Esteri, nonostante il Califfato nero, Putin e l'Ucraina, ha un'avvenenza statica e inespressiva, da prof di liceo infastidita dall'ammirazione degli studenti maschi. La retorica ci fa dimenticare che i giovani sono un problema soprattutto per se stessi e i loro genitori. Vogliamo dire la verità? Esistono anche i bravi figlioli, però molti mostrano anche lati preoccupanti del carattere. Sono egoisti, cattivi, fannulloni, disposti a condurre una vita da parassiti, a carico delle pensioni dei nonni e degli stipendi di papà e mamma. Mentre il governo Renzi lancia ogni giorno l'allarme sulla disoccupazione giovanile, in tanti rifiutano di lavorare.  Conosco giovani che hanno imparato un mestiere: l'idraulico, il falegname, il piastrellista, il fabbro, l'elettricista. I più esperti sono ricercati e costano un occhio della testa. La loro fortuna è di non essersi iscritti a qualche facoltà di Lettere, di Scienze della comunicazione o di Sociologia. Che cosa faranno il giorno che dovranno cimentarsi con la vita durissima di un paese in recessione? E quando avranno prosciugato le pensioni dei nonni e i risparmi dei genitori? Uno di loro mi ha risposto, la lapidario: «Da grande farò il rapinatore». È inutile tentare di spiegargli che il saper fare bene un lavoro, ossia la competenza intelligente e messa in pratica, è decisiva per non essere sopraffatti dalle avversità della vita. Anche in questo, il primo opinion leader del paese, il solito Renzi, li ha messi su una strada sbagliata. Non pochi dei suoi ministri sono al di sotto del compito che il premier gli ha affidato. E immagino che il premier se ne stia rendendo conto. La saggezza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha evitato che gli incarichi cruciali andassero a politici non all'altezza. Non credo sia un gossip infondato che Renzi volesse dare a Graziano Delrio il ministero dell'Economia. Anche se l'unica esperienza del futuro ministro era soltanto quella di sindaco a Reggio Emilia, una città di provincia. La verità stava nascosta: Renzi voleva guidare lui il ministero, Delrio sarebbe stato soltanto il suo prestanome. La retorica renzista sui giovani ha sempre avuto una bandiera: la parola «rottamare». Può sembrare incredibile la potenza di questo slogan. «Stai attento che ti rottamo!» è diventava la minaccia verbale più usata nei confronti degli italiani anziani con un incarico di prestigio. Renzi l'ha messa in pratica tagliando le testa ai capi delle grandi aziende partecipate dallo Stato, rottamandone le competenze. E nel modo più brutale, senza spiegarne le ragioni. Spesso senza neppure un lettera di congedo e di ringraziamento, come l'eleganza istituzionale avrebbe richiesto. Ma la rottamazione può diventare un'arma a doppio taglio. Anche il Rottamatore supremo rischia di andare incontro alla stessa sorte. Non è un caso che, di fronte ai cattivi risultati del governo, Renzi abbia cominciato a dire che pure lui un giorno verrà messo fuori da Palazzo Chigi. Il suo mantra è diventato: «Anch'io ho una data di scadenza come lo yogurt». Non ci resta che aspettare e vedere quanto accadrà. Nel frattempo, milioni di giovani rimangono al palo e non soltanto per colpa loro. A costo di sembrare cinico, concludo dicendo che, tutto sommato, gli va ancora bene. Per fortuna, da anni non esiste più il servizio militare obbligatorio. Con tanti fronti aperti, in Ucraina, in Libia, in Iraq, in Israele, in Siria, poteva capitargli di partire in divisa per dare la caccia a califfi neri, a dittatori e a terroristi. Giampaolo Pansa

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