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Da militante Ds a miss Fisco: la "figlia" di Visco fa già paura

Ignazio Stagno
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Il consiglio dei ministri dell'altra sera ha nominato il successore di Attilio Befera al vertice dell'Agenzia delle Entrate. Matteo Renzi ha annunciato: «È una donna». Giusto per rimarcare quanto sia importante rispettare le quote rosa. Ha omesso però che Rossella Orlandi è una bravissima dirigente dell'Agenzia. Una dei più grandi esperti di fiscalità internazionale, purtroppo - per gli italiani - erede della tradizione di Vincenzo Visco. L'ex ministro a cui si devono le più sanguinose norme fiscali italiane. A differenza di Giulio Tremonti che non ha lasciato particolari tracce nella macchina del ministero e dell'Agenzia, Visco ha invece contribuito a formare funzionari preparati, radicati e potenti (non solo Befera, doppio direttore per anni, e Vieri Ceriani, il consulente che ha contribuito a sfornare Irap, Imu e Tasi) che sembrano perseguire l'obiettivo di costruire una macchina di gestione del fisco che alla fine non avrà più bisogno di governo né tanto meno del Parlamento. Poco dopo la nomina della Orlandi un membro dell'esecutivo, lontano anni luce dalla filosofia vischiana, si è fatto sfuggire un commento: «È la peggiore nomina possibile». Lasciando intendere che l'Agenzia tornerà alle vecchie logiche. Lasciandosi alle spalle certe abitudini del periodo beferiano. Niente blitz alla Cortina d'Ampezzo per finire sui giornali, ma impegno silenzioso per abbattere l'evasione fiscale con strumenti che Tremonti si era adoperato a smantellare, dalla tracciabilità alla limitazione dell'uso del contante, fino all'elenco fornitori- clienti. E poi c'è da aspettarsi una maggiore stretta delle disposizioni attorno alle aziende. E questo, inutile dirlo, non è un bene. Soprattutto, da questa nomina c'è da aspettarsi un terribile evento. Ovvero, la fusione di Equitalia, l'ente riscossorio, con l'Agenzia stessa. Un processo pericoloso che se dovesse andare in porto consentirà allo Stato di fare le regole, interpretarle in sede di contenzioso e alla fine decidere i metodi di riscossione. Alla faccia dei rituali democratici. Non a caso la successione di Befera è arrivata con tre settimane di ritardo. Proprio perché - si dice nei corridoi di Via XX Settembre - il nuovo Direttore avrebbe dovuto dare garanzie di continuità soprattutto in relazione al processo di fusione. «E l'arrivo della Orlandi può quindi essere così inteso», lascia immaginare lo stesso membro del governo che si è lasciato andare allo sfogo a caldo. In primis una vittoria della tradizione vischiana che si è con agilità imposta sul ministro Pier Carlo Padoan e pure su Matteo Renzi che inizialmente immaginava per la poltrona di Befera il pm Francesco Greco, impegnato tra l'altro nella redazione della nuova legge sull'antiriciclaggio. A lui il ministero aveva inizialmente contrapposto il direttore vicario Marco di Capua. Esperto e preparato, sarebbe però stato visto come il vero successore di Befera e dunque un vischiano convertito a Tremonti. E stando a quanto apprende Libero Renzi non avrebbe gradito. Il nome della Orlandi ha invece messo d'accordo tutti. Non solo perché le sue capacità e la professionalità sono celebri (ha gestito in modo egregio la lista Vaduz e indagini sull'elusione delle banche) ma anche perché originaria di Empoli ha studiato a Firenze e lavorato in Toscana fino al 2006 - prima di essere chiamata su imput di Visco direttamente da Massimo Romano, predecessore di Befera, all'ufficio centrale dell'Accertamento - e sarebbe ben vista dal Pd. Sia nazionale che Toscano. Stando alle cronache locali di Empoli, oltre dieci anni fa, sarebbe stata attivista e vicina ai Ds. Una militanza, racconta la sua storia successiva, molto legata al terzo settore e all'impegno civico. di Claudio Antonelli

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