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Michele Santoro, "Servizio pubblico" e stipendio privato

Giulio Bucchi
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Il 2011 è anche l'anno della fine del burrascoso rapporto tra Michele Santoro e la Rai. Prima c'era stato l'«editto bulgaro» con la conseguente elezione all'Europarlamento, poi sono arrivati il reintegro in Rai con relativo risarcimento milionario deciso dai giudici, le dimissioni da europarlamentare e il ritorno sullo schermo come prosecuzione televisiva della lotta politica al «regime berlusconiano». Annozero dura molti anni ma il rapporto del teletribuno con la televisione di Stato si logora sempre di più, non passa puntata in cui non ci siano litigi tra Santoro e il direttore generale della Rai Mauro Masi. Santoro recita la parte che gli riesce meglio, quella del martire e del cavaliere senza macchia che lotta per la libertà di informazione, dall'altro lato l'azienda si dissocia dalla celebrazione dei processi nel tribunale televisivo di Michele Santoro e Marco Travaglio. Tra pubblicazioni di intercettazioni, sceneggiati e confessioni di pseudo-pentiti pataccari vengono affrontati temi come la trattativa Stato-mafia e tutti gli aspetti più pruriginosi del caso D'Addario e del caso Ruby, non senza aver preparato il terreno alla discesa nell'agone politico di magistrati come Luigi De Magistris e Antonio Ingroia. Santoro, supportato dagli ottimi risultati degli ascolti, si sente in diritto-dovere di fare «Servizio pubblico» attraverso le sue trasmissioni, gli oppositori e diversi milioni di contribuenti gli contestano di fare un servizio privato o partigiano con i soldi pubblici. La questione si risolve nel 2011 con la chiusura consensuale del rapporto di lavoro e la relativa liquidazione, di poco inferiore ai 2,5 milioni di euro. Sembra imminente il passaggio a La7, ma l'accordo salta ad un passo dalla firma, Santoro dà la colpa al solito Berlusconi che avrebbe fatto pressioni su Telecom per non ingaggiarlo, l'azienda risponde che Santoro pretende di cambiare la trasmissione senza preavviso, una facoltà in contrasto con le regole interne. Il presentatore allora lancia un nuovo progetto, una trasmissione diffusa attraverso internet, il satellite e le reti locali, il programma si chiama «Servizio Pubblico» (come piace a Santoro) e viene finanziato con soldi privati (come chiedevano coloro che pagavano le sue trasmissioni senza volerlo). L'approdo a La7 è solo rimandato, «Servizio Pubblico» trasloca sulla tv in chiaro l'anno successivo ed è proprio in quella stagione che si celebra l'incontro del secolo: in piena campagna elettorale Berlusconi sale sul ring di Santoro e Travaglio e ne esce da trionfatore. di Luciano Capone

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