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I dieci protagonisti del 2014: dai due Matteo alla Boschi, dal Califfo al Nazareno

Giulio Bucchi
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L'anno dei Matteo, ma non solo. L'anno di Maria Elena e di Marine, di Re Giorgio e del Califfo, di Vladimir, Antonio e Paolo. Visto attraverso la lente della politica italiana, che spesso ha il vizio di ingrandire a dismisura certi eventi, il 2014 passera alla storia senza ombra di dubbio come l'anno in cui Matteo Renzi si è preso tutto: Pd (a fine 2013), governo (con lo sgambetto a Enrico Letta a gennaio), palcoscenico mediatico (tra tv, radio, quotidiani, settimanali, mensili, siti web, Facebook e Twitter), fiducia degli italiani (anche grazie al bonus da 80 euro), elezioni europee (il boom del 40% a maggio). E naturalmente anche fischi, accuse, critiche, contestazioni. A botta calda, questi 12 mesi sembrano uno spartiacque,  perché nell'opinione dei commentatori e nel sentire comune c'è un prima e un dopo Renzi. Per pesare l'impatto dell'ex sindaco di Firenze, basterebbe fare un cenno al neologismo che ha imperversato: le renzine. Giovani, carine, a loro agio in tv, con il sorriso sempre pronto anche in mancanza di risposte convincenti, sono le donne del Pd l'altra "rivoluzione" della politica italiana. E Maria Elena Boschi è la loro capofila: chiacchieratissima, ministro delle Riforme senza un curriculum elettrizzante da esibire, nel mirino degli scettici ma apprezzatissima dai media e, soprattutto, sempre più potente nella squadra del premier. Dal fake del perizoma al giuramento in Quirinale al bikini esibito in Versilia, dalle interviste zoppicanti alle apparizioni fischiatissime dai grillini in Parlamento, è lei la copertina di un anno vissuto pericolosamente dai democratici. Chi è stato il protagonista del 2014? Vota il sondaggio L'altro Matteo - In attesa di capire, magari già tra qualche mese, se il re Matteo resterà nudo. L'altro Matteo è leghista, pure lui giovane, spregiudicato, animale mediatico anche se più caciarone. Matteo Salvini è riuscito nell'impresa di ricostruire l'immagine e la credibilità della Lega Nord, uscita con le ossa rotte dal tramonto di Bossi e non rivitalizzata dalla transizione di Maroni. Politicamente, l'operazione di Salvini è forse ancora più clamorosa di quella di Renzi, perché ha cambiato il Dna del Carroccio trasformandolo da partito territoriale a movimento nazionale, addirittura europeo, cambiando parole d'ordine (da "prima il Nord" a "prima gli italiani", per esempio), incarnando l'unica vera opposizione al renzismo e, anche per questo, candidandosi a guidare il centrodestra tutto. Obiettivo mai minimamente immaginato nemmeno da un visionario ambizioso come il Senatùr.  Gli "incubi" dell'Occidente - Secondo molti, Salvini è la rappresentazione (in chiave minore, sottolineano i maligni) del "caso" politico dell'anno che sta passando, Marine Le Pen. La leader del Front National ha iniziato nelle orme di papà Jean Marie per poi camminare da sola, svecchiando la destra e aggiornandola ai tempi delle fobie contemporanee. Non più (solo) immigrazione, ma soprattutto crisi, lavoro che non c'è, perdita di identità rubata non più tanto dagli stranieri, quanto dai grigi burocrati di Bruxelles. L'euro-scetticismo, fenomeno che ha proprio nella francese Le Pen il suo campione, è la prima minaccia che spaventa l'Europa (a maggio il risultato elettorale è stato chiaro). L'altra parla russo ed ha il volto d'altri tempi, duro ed enigmatico di Vladimir Putin. "Vogliono incatenare l'orso, ma non ci riusciranno", sono le ultime dichiarazioni dello Zar, che deve fare fronte a una violentissima crisi monetaria che ha indebolito la Russia proprio nell'anno in cui Mosca è tornata a dominare la scena e spaventare i nemici come ai tempi dell'Urss comunista. La guerra in Crimea e Ucraina è uno schiaffo tirato dritto sulla guancia alla tremebonda Europa e all'incerta America obamiana, i cui effetti forse si vedranno nel 2015. Stesso discorso per un ancora più misterioso Califfo Al Baghdadi, il signore dello Stato islamico che in estate ha imperversato, nascosto in Iraq, sulle tv di tutto il mondo. Video-messaggi e annunci col contagocce, ispiratori di barbarie ed esecuzioni di prigionieri che hanno sprofondato l'Occidente nell'incubo del terrorismo, a 10 anni abbondanti dai tempi di Al Qaeda e Osama Bin Laden.  Il premio Oscar e il ct - Il 2014 è però stato anche l'anno di Paolo Sorrentino, il regista che ha riportato l'Oscar in Italia grazie al discusso La grande bellezza, miglior film straniero. Barocca e languida fotografia di una Roma decadente e malata forse inguaribile, come dimostra lo scandalo di Mafia Capitale scoppiato in modo suggestivo ed inquietante qualche mese dopo. Ma questo è stato anche l'anno del Mondiale di calcio, catalizzatore di polemiche e delusioni. Il flop dell'Italia di Prandelli ha aperto le porte della Nazionale all'allenatore nostrano più discusso, Antonio Conte. Il suo addio alla Juventus clamoroso e inatteso, nei tempi e nei modi, dopo tre scudetti di fila, è stato il momento clou del pallone azzurro che ha forse toccato a livello internazionale il punto più basso degli ultimi quarant'anni, tra club e Nazionale.  Da Re Giorgio al più nominato - Nella tradizionale decina dei personaggi dell'anno, restano due posti da assegnare. Uno, come spesso è capitato in Italia, va a Giorgio Napolitano. Dopo i clamori della rielezione nel 2013, il presidente della Repubblica ha trascorso un anno sottotraccia, aperto dal sostegno a Renzi ai danni del suo pupillo Letta e continuato in posizione defilata, quasi per non ostacolare il tornado Matteo. Ma è sempre lui l'ago della bilancia di un Paese boccheggiante. La deposizione al Colle per il processo sui rapporti tra Stato e Mafia lo ha indebolito, l'età e il logorio di una carriera che supera i sessant'anni hanno fatto il resto. E non è un caso che il 2014 si chiuda con l'annuncio, scontato, del suo addio: Napolitano lascerà probabilmente a gennaio 2015 ed è per questo che quest'anno potrebbe passare alla storia come l'ultimo del presidente più decisivo e "protagonista" nella storia della Repubblica. E il decimo personaggio? E' un fantasma. Comparso nei primi giorni di gennaio, si è preso copertine e titoloni, di lui hanno parlato giornalisti e politici, il suo nome è risuonato tanto in Transatlantico quanto nei bar di provincia. Un grillino lo ha anche denunciato in Procura, tirando in ballo massoneria e conflitti d'interesse. Lui è Nazareno, inteso come Patto del Nazareno. Ed è la conferma che anche se messo all'angolo a Cesano Boscone, Silvio Berlusconi conta ancora tanto in questa Italia. 

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