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Di Pietro: "Potevo salvare Gardini". La Craxi lo insulta e Pomicino lo accusa

Antonio Di Pietro

Eliana Giusto
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Non è di certo passata inosservata quella assurda e incauta dichiarazione di Antonio Di Pietro che al Corriere della Sera domenica 21 luglio ha detto: "Potevo salvare Raul Gardini. Se lo avessi arrestato non si sarebbe suicidato". Raul Gardini si è tolto la vita proprio per evitare il carcere. E sicuramente, se fosse finito dietro le sbarre sarebbe riuscito comunque ad ammazzarsi. Lo sanno bene quelli che direttamente o indirettamente sono stati protagonisti di quel periodo come Stefania Craxi e Cirino Pomicino.  La figlia di Craxi, oggi martedì 23 luglio, a vent'anni esatti dalla morte di Gardini, scrive una lettera al Corriere in cui accusa l'ex pm: "Di Pietro ha dedicato tutta l'intervista a negare la propria responsabilità nel suicidio". "Afferma di aver promesso agli avvocati di Gardini che non lo avrebbe arrestato e che avrebbe atteso l'imprenditore in Procura per l'interrogatorio proprio quella mattina 23 luglio. Ma invece di recarsi in Procura quella mattina l'imprenditore si sparò. È un gioco di parole. Tutti, da settimane, sapevano a Milano che per Gardini le manette erano già pronte". Era noto, rincara la Craxi, "che gli interrogatori di Di Pietro si svolgessero accompagnati dal tintinnare delle manette e che le porte di San Vittore fossero ben aperte per tutti coloro ai quali il tintinnare non bastava per rispondere secondo i desideri del pm". Non solo, conclude la figlia di Bettino: "Di Pietro fa anche la vittima: avevo contro personaggi come Craxi e Parisi, il capo della polizia!". Peccato che nel biennio 1992/94 "si è distrutto un sistema illecito di finanziamento della politica, ma si è distrutto anche un sistema politico che da cinquant'anni assicurava libertà e progresso". Quei partiti "non sono più rinati; la politica e l'amministrazione hanno conosciuto solo passi indietro. I Di Pietro lasciamoli nel dimenticatoio in cui si sono cacciati". E qualcosa da dire ce l'ha anche Cirino Pomicino. L'ex ministro accusa l'ex pm di Mani Pulite dalle colonne del Giornale: "Di Pietro mi chiese: E' vero che Giorgio Napolitano ha ricevuto soldi da lei? Io risposi che non era vero, ma lui insisteva. Guardi che c'è un testimone, un suo amico, che lo ha confessato. Se l'ha detto, ha detto una sciocchezza, perché non è vero risposi io. E infatti la confessione era finta, me lo rivelò lo stesso Di Pietro poco dopo, un tranello per farmi dire che Napolitano aveva preso una tangente. Ma si può gestire la giustizia con questi metodi?". Il fatto è, sottolinea Pomicino, che "normalmente la gente ci metteva due minuti a dire quel che volevano fargli dire. In quegli anni le persone venivano arrestate, dicevano delle sciocchezze, ammettevano qualsiasi cosa e il pm li faceva subito uscire e procedeva col patteggiamento. Quando poi queste persone venivano chiamate a testimoniare nel processo, contro il politico che avevano accusato, potevano avvalersi della facoltà di non rispondere". L'obiettivo di quel tranello, secondo l'ex ministro, " era far fuori, dopo la Dc e il Psi, anche la componente amendoliana del Pci, quella più filo-occidentale, più aperta al centrosinistra".  Ma non finisce qui. Pomicino non concorda con Di Pietro sui motivi del suicidio di Gardini: "Lui dice che Gardini si uccise con un moto d'impeto, e che lui avrebbe potuto salvarlo arrestandolo il giorno prima. Io credo che Gardini si sia ucciso per il motivo opposto". Tesi che sposa anche Luigi Bisignani: "Gardini si suicidò perché la procura aveva promesso che la sua confessione serviva per non andare in carcere, ma invece scoprì che l'avrebbero arrestato".

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