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La Camera lascia Silvio senza avvocatoper spedirlo tra le grinfie di Di Pietro

L'ex leader di Italia dei Valori ha in ballo un contenzioso legale con Berlusconi

Fosca Bincher
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L'antipasto è stato servito poco dopo le 13 di giovedì 8 agosto, il giorno prima delle ferie dei deputati. La giunta per le autorizzazioni della Camera ha consegnato Silvio Berlusconi nelle mani di Antonio Di Pietro, levando con il voto decisivo e compatto del Pd (che si è unito a Sel e al Movimento 5 stelle) perfino la difesa istituzionale di prassi al Cavaliere. In giunta era arrivata a dire il vero solo una questione formale, che normalmente viene sbrigata in quattro e quattr'otto: la decisione della Camera di nominare un proprio difensore per resistere a un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale per tutelare una decisione in precedenza presa a tutela di Berlusconi sia dalla giunta che dalla assemblea di Montecitorio.  Tutto nasceva da una triplice azione giudiziaria promossa da Di Pietro contro Berlusconi nel 2008: due penali (a Bergamo e a Viterbo) e una civile (a Roma) per parole pronunciate dal Cavaliere durante la campagna elettorale del 2008 prima in tv da Bruno Vespa e poi in un comizio del 26 marzo 2008 a Viterbo. In questa ultima occasione le parole di Berlusconi che provocarono la querela furono: «Di Pietro si è laureato grazie ai servizi, perché non è possibile che abbia preso la laurea uno che parla così l'italiano… A Montenero di Bisaccia nessuno sapeva che si stava laureando, nemmeno i genitori… Lui mi fa orrore non tanto perché ha problemi con i congiuntivi, ma perché non rispetta gli altri, ha mandato in galera gli italiani senza prove… Di Pietro rappresenta il peggio del peggio». Accusato di diffamazione, Berlusconi invocò l'immunità parlamentare e prima la giunta e poi l'aula della Camera stabilirono che quelle parole erano insindacabili perché pronunciate da un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni, a norma dell'articolo 68 della Costituzione. Il Cavaliere fu quindi assolto, e il pm impugnò in Cassazione la decisione.  La causa fu rimandata al giudice di pace di Viterbo, che sollevò davanti alla Corte costituzionale il conflitto di attribuzione con la Camera per quella immunità secondo lui concessa a Berlusconi largheggiando troppo. A giugno la Corte costituzionale ha accettato il ricorso, comunicando alla presidenza della Camera gli atti per la costituzione in giudizio secondo le procedure tradizionali. Normalmente la Camera invia i propri avvocati per difendere le proprie decisioni, anche quando sa che rischia di perdere (è capitato più volte). I precedenti rintracciati sono stati 96: per 91 volte la Camera si è costituita in giudizio, e solo 5 volte (in tutti e 5 i casi si trattava di esponenti del centrodestra) ha ritenuto inutile inviare un proprio legale. Per quelle 5 rare volte ci sono sempre stati motivi particolari per quel rifiuto (ad esempio la soluzione extragiudiziale della causa). Nel caso Berlusconi sembrava scontato l'invio di un avvocato della Camera a difesa di quella immunità riconosciuta valida nel 2010. E questo ha proposto il relatore, che è anche il presidente della giunta: Ignazio La Russa, leader di Fratelli di Italia. Perfino Sel con Daniele Farina aveva lasciato una porta aperta, sostenendo che non fosse provata l'accusa della falsa laurea a Di Pietro, ma riconoscendo «un qualche elemento di fondatezza» alle altre considerazioni di Berlusconi sull'ex pm. Il Pd- guidato da Anna Rossomando e Walter Verini- ha però voluto fare la prova di forza, bocciando la proposta di La Russa insieme a M5s e Sel, e dando un segnale chiaro su quel che avverrà su tema assai più dirompente (la decadenza di Berlusconi da senatore) a palazzo Madama ai primi di settembre. Fosca Bincher

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