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Jovanotti a Gramellini: "Berlusconi simpatico, è avversario politico non antropologico"

Lorenzo Cherubini demolisce la spocchia radical-chic: "Dovevamo votare Renzi, invece non abbiamo la forza di cambiare. Il Cav? Se lo graziano non mi scandalizzo"

Giulio Bucchi
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"Se diventiamo meno conservatori, ce la possiamo fare". Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, parla dell'Italia, ma scorrendo la sua intervista a Massimo Gramellini della Stampa si scorge il vero obiettivo: la sinistra italiana. Conservatrice, timorosa, legata ancora al passato e al suo incubo ricorrente da 20 anni a questa parte: Silvio Berlusconi. "Umanamente mi sta simpatico, lo combatto perché in tutti questi anni non ha fatto nulla per l'Italia". Ma se gli concedessero la grazia "non mi scandalizzerei, perché per me è un avversario politico, non antropologico". Bel pugno allo stomaco per chi a sinistra, Gramellini in primis, ha preso l'antiberlusconimo come una missione umanitaria per salvare il Paese. E alla fine ha ottenuto solo un Pd e una sinistra demoliti.  Renzi e l'occasione mancata - L'esempio perfetto è Matteo Renzi alle primarie del 2012. "Scegliendo Bersani gli elettori hanno difeso un investimento emotivo fatto nella prima parte della loro vita. Fai fatica a rinunciarci, a pensare che devi parlare con il nuovo che non capisci. Se avessimo avuto la forza di mettere un uomo di 38 anni, avrebbe potuto trasformare lo scenario", riflette malinconico Jovanotti su quella grande occasione mancata di cambiamento. Gli elettori democratici non hanno votato il gggiovane Renzie perché "hanno avuto paura. Paura di una sinistra a vocazione maggioritaria che sappia mettersi in casa anche gente che non è della sua tribù. Gente che porta scarpe che non ti piacciono, che ascolta musica che tu non hai ascoltato mai". Renzi come, nel suo piccolo, il Jovanotti del 1993. Quando il satirico Cuore, bibbia della controcultura giovanile di sinistra, mise il "Impiccare Jovanotti per le palle" tra Le 10 cose per cui vale la pena vivere. Gramellini è spiazzato, pensava di intervistare il nuovo guru della sinistra e si ritrova davanti al taccuino un demolitore di certezze... Da Briatore al Cavaliere - Per esempio, parla di natura ed ecologismo e tira in ballo "crescita e lavoro", cita Beniamino Placido e la necessità di "domare" la natura cattiva e selettiva e l'intervistatore quasi ha un mancamento. Siparietto gustoso. "Un giorno, in una megalopoli, guardavo con orrore la favela cresciuta accanto a un quartiere ricco, ma chi era con me disse: crescere con un quartiere ricco accanto è l'unico modo in cui un ragazzo povero può pensare di cambiare la propria vita. La vera povertà è sempre povertà di visione". E Gramellini, tra l'ironico e il disgustato: "Ma chi era il tuo accompagnatore? Briatore?". E quando il cantante tira fuori la storia dell'Italia apprezzata all'estero, la firma della Stampa non resiste: "Fino a Berlusconi". "Ti sbagli. Berlusconi ha confermato il pregiudizio positivo: lo guardano come una cosa impensabile, inspiegabile, come il festival di Sanremo o la commedia all'italiana. So che a Hollywood stanno pensando di fare un film su di lui con Jack Nicholson". Gelo. "Lui è Terminator - continua Jova -: a un certo punto sembra che sia rimasta solo una lucina rossa, ma poi si riforma… La sua storia non finirà mai, il suo nome ci dividerà per sempre. Immagina se fra cent'anni, quando forse morirà, un sindaco decidesse di dedicargli una piazza…". E qui Gramellini traballa: ha intuito che fra 100 anni non potrà scrivere il suo consueto Buongiorno al veleno contro quel sindaco.      di Claudio Brigliadori

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