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Eugenio Scalfari sputtanato: "Quando è caduto Mussolini io e...". Tutto falso: dov'era veramente Barbapapà

Giulio Bucchi
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Dov'era Eugenio Scalfari il giorno della caduta di Benito Mussolini, il 25 luglio 1943? Più che la memoria, al Barbapapà fondatore di Repubblica farebbe difetto la buonafede. Il Fatto quotidiano scava tra le carte del direttore e scopre, con sconcerto, che non ha vissuto quel giorno fatale in compagnia dell'antico amico Italo Calvino, con cui è stato compagno di liceo a Sanremo prima di ritrovarsi molti anni dopo nel giornale-famiglia della sinistra italiana. Peccato che per decenni, e soprattutto il giorno dopo la morte del grandissimo scrittore nel 1985, sia stato Scalfari stesso ad alimentare il mito di quei due 18enni usciti dall'incubo del Fascismo e pronti a ricostruire l'Italia democratica. Più che elegia di una generazione, insomma, viene il sospetto che Scalfari abbia cercato soprattutto di rafforzare la propria immagine, senza troppi scrupoli. "L'università ci separò, lui a Torino, io a Roma - scriveva Scalfari l'indomani della morte dell'amico, ricorda il Fatto -. Ma eravamo ancora insieme la sera del 25 luglio del '43, quando dagli altoparlanti dell'Eiar sistemati in piazza Colombo - la principale della città - la voce dello speaker annunciò le dimissioni del cavalier Benito Mussolini. Con gli altri amici della nostra banda di ragazzi ci procurammo un bandierone tricolore e pagammo da bere a un gruppo di reclute che stavano rientrando in caserma". Peccato che analizzando le lettere scritte da Calvino a Scalfari e alla famiglia in quegli stessi giorni lo scrittore non si trovasse né a Torino né a Roma né a Sanremo, ma a Mercatale (Prato): "La notte del 25 è stata veramente entusiasmante - scriveva -. La notizia del ritorno di Badoglio giunse al campo mentre dormivamo e tutti uscimmo dalle tende a cantare Fratelli d'Italia". Qualcosa non torna, dunque, e getta un'altra ombra di imprecisioni sul mito di Scalfari fascista diventato anti-fascista. Perché dunque, chiede il Fatto, Scalfari non si decide a pubblicare tutte le lettere della sua corrispondenza giovanile con l'amico Calvino, di cui alcune sono ancora inedite? "Ciò esigerebbe l'intelligenza, il senso civico e l'onestà".

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