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Nicola Porro: "Vi spiego perché rimborsopoli finirà per aiutare il M5s"

Andrea Tempestini
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«Berlusconi è quello che mi diverte di più». Risponde d'istinto, Nicola Porro, che questa settimana li porta tutti e tre nel suo salottino tv: stasera Renzi (ieri per chi leggi, ndr), mercoledì Di Maio e giovedì il Cavaliere. Gli ultimi fuochi della campagna elettorale passano anche per Matrix Prime (prima serata, Canale 5). Vicedirettore de Il Giornale, autore della video rubrica Zuppa di Porro «a cui tengo tantissimo» (su Twitter e sul sito nicolaporro.it), sullo share non si sbilancia: «Con chi faccio più ascolti? Dipende da quanto saranno in forma, la campagna elettorale è massacrante. Conta cosa hanno fatto nelle ore prima di venire in studio». E perché col Cav si diverte di più? «Ha promesso di rivelare il nome del candidato premier, è un buon motivo. Ma anche Di Maio porterà la lista dei ministri. Poi c'è Renzi, che ha sempre una trovata: l'ultima volta ha tirato fuori il suo estratto conto…». Ma un confronto a tre? «Ho provato a organizzarlo. Impossibile». Il punto di forza della loro campagna elettorale? «Per Berlusconi la flat tax: diventerà un mantra, come il meno tasse per tutti del '94 e il milione di posti di lavoro. Oggi lo dicono tutti, è passato il messaggio: meno tasse, più lavoro. Nei prossimi 20 anni parleremo della flat tax. Resta soltanto da stabilire l'aliquota: è stata una grandissima intuizione. Sua e di Salvini». Renzi? «Se posso permettermi, il suo merito è stato smussare la indole da “faccio tutto io”. Promuove l'idea di un governo di calma, serenità, rassicurazione. Può essere un buon messaggio». Oppure una spia del timore che per lui il 5 marzo possa essere il capolinea. «Ha 40 anni e la possibilità di fare politica per altri 40. Comunque vada, sarà sempre un interlocutore nei prossimi anni. Dai suoi errori deve capire come riconquistare il successo avuto alle Europee. Anche il giorno dopo le elezioni, non mi iscriverei al partito di chi pensa che sia finito. Pensa a Prodi, D'Alema, Bersani e Grasso, il magistrato moderato che oggi è più a sinistra della sinistra: non vedo grandi leader che possano rimproverare a Renzi i suoi errori. Vedo tanti vecchi cacicchi di partito che continuano a galleggiare». E il punto di forza di Di Maio? «Il suo più grande successo è stato non voluto: la campagna mediatica su rimborsopoli». Cioè? «Ha capito perfettamente e prima di tutti che questa vicenda non toglie voti ma dà il senso di un movimento che restituisce i soldi: in un clima di antipolitica è passato questo messaggio, anche se tra i grillini ci sono una decina di furbetti». Dunque poco scandalo e molta vendetta mediatica? «No, per me è e resta uno scandalo. Ma per il M5s, fatto il bilancio, rimborsopoli ha avuto più benefici che costi». Pagellina su Salvini. «Ha fatto un passo fondamentale: il Salvini d'attacco, che comunque resta, ha lasciato spazio a un Matteo di cuore. Ha provato a essere più empatico: un grande risultato, per lui». L'altro scandalo: condividi le critiche all'inchiesta di FanPage sul figlio di De Luca o ritieni che sia un buon lavoro? «Non mi permetto di dare un giudizio giornalistico, ognuno fa questo mestiere come gli pare. Do un giudizio politico: sono d'accordo con Cantone, il codice di procura penale si occupa di reati e non dei minority report, del fatto che qualcuno indotto a delinquere potrebbe delinquere. Detto questo, emerge uno spaccato di quella società che forse non si vuol vedere. L'inchiesta, comunque, avrà pochissimo impatto sul voto». Ti cito: “Prevedo l'affluenza al 75%”. Ci credi davvero? «Rispetto ad altre elezioni c'è una fortissima voglia di votare. L'affluenza sarà il dato che ci stupirà più di tutti». E che governo ci troveremo? «Nessuno. Questa legge elettorale, fatta a tavolino per arginare un nemico o per aiutare un amico, grazie all'eterogenesi dei fini porterà a una distribuzione dei seggi che non può dare alcuna maggioranza. Si dovranno trovare delle soluzioni parlamentari per governare questo Paese». Tipo un Gentilnoni-bis? «Ritengo molto difficile che possa continuare a fare il premier: dal 5 marzo tutti i canoni con cui stiamo giudicando la politica cambieranno radicalmente». L'asse Di Maio-Salvini è fantascienza? «Dal punto di vista parlamentare è una possibilità: la testeremo subito, quando si tratterà di trovare l'accordo sui presidenti delle commissioni e di Camera e Senato. Dal punto di vista dell'elettorato, ritengo che Lega e M5s siano molto diversi. Ciò premesso, i parlamentari potrebbero trovare degli argomenti su cui allearsi». Berlusconi ha chiamato in un'ipotetica maggioranza i grillini di rimborsopoli che verranno eletti ed automaticamente espulsi. Un errore? «Lui è di una trasparenza disarmante: dice quello che non si deve dire. È il motivo per cui piace a molti e per cui molti lo criticano. In questo caso fa i conti con qualcosa che tutti comprendono: si formerà un gruppo misto di 10-12 persone che potrebbe essere determinante per la tenuta di un governo». Da sinistra, hanno martellato sul fantomatico ritorno del fascismo: pareri? «Nell'epoca delle fake news, questa è peggio: è la cosa più ridicola della campagna elettorale. Hanno individuato un fantoccio contro cui combattere per accreditarsi». Il centrodestra non ha sbagliato ad inseguire la polemica? «Se ti attribuiscono la responsabilità morale degli scontri o di un supposto clima fascistoide non puoi stare zitto: giusto rispondere a un attacco scomposto». Senza Macerata sarebbe stato diverso? «No, stavamo già andando là: abbiamo iniziato a parlare di onda nera quando quattro cretini hanno interrotto l'incontro di una Ong per leggere un proclama. Se un bagnino col mito del Duce è il paziente zero del fascismo in Italia è chiaro che stai costruendo a tavolino un'emergenza che non c'è». È malizioso legare quanto accaduto al fatto che l'immigrazione è stata a lungo il tema centrale di un dibattito che ha favorito il centrodestra? «Proprio per questo ti parlo di emergenza costruita a tavolino. Ma c'è una differenza: dal mio punto di vista, l'immigrazione è una vera emergenza. Non fosse che per il banale motivo numerico: ci sono 550mila persone che in Italia non potrebbero restare, ma restano. È oggettivamente un problema di ordine pubblico, anche a sinistra tutti lo riconoscono. Nessuno nei talk show nega l'esistenza dell'emergenza, semmai si discute delle soluzioni da adottare. Tutt'altra storia il fascismo: io metto in discussione che l'emergenza esista». Di Europa ed euro quasi non si sente più parlare: significa che stiamo meglio? «No, il problema è molto complesso e anche banale nella sua analisi: abbiamo commesso l'enorme errore di partecipare all'euro, ma oggi rinunciare a quest'errore rischia di costarci così tanto che tutti tirano il freno a mano. Qui entra in gioco il pragmatismo della politica: nessuno è contento dell'euro ma molti capiscono che abbandonarlo, ora, potrebbe essere più rischioso che rimanerci». Pistola alla tempia: chi voti tra Grasso e la Bonino? «Ho una tradizione liberale, dovrei essere più vicino alla Bonino. Ma lei oggi è il perfetto rappresentante dell'ipocrisia salottiera di chi dice sempre la cosa giusta, molto peggio di Liberi e Uguali, di cui non condivido nulla. Dunque voto Grasso: come sempre uno ce l'ha di più con chi sentiva vicino prima di essere tradito». Le voci su Forza Italia che ti voleva candidare erano vere? «Mi hanno contattato, io ho subito detto che non c'era discussione: non è il mio mestiere. La politica bisogna farla pensando di restare in quel mondo con passione. E oggi non è la mia condizione». Cosa pensi dei giornalisti che hanno fatto il salto? «Se c'è cuore e passione, se hanno capito che si è chiuso un capitolo della loro vita, nulla da eccepire. Ma devi essere sicuro: se poi vuoi tornare a fare il giornalista è dura. Come per i magistrati, il salto è irreversibile». di Andrea Tempestini @anTempestini

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