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Travaglio ossessionato da Berlusconi: la "mucchetta" della Battiliana e Asia Argento con cui apre il Fatto Quotidiano

Andrea Tempestini
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Ogni giorno Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano dà conferma della sua inesauribile ossessione: Silvio Berlusconi. Per ragioni riconducibili soltanto al suo tarlo, anche oggi il quotidiano diretto da Marco Manetta apre l'edizione sul Cavaliere, con la seconda puntata dell'intervista ad Ambra Battilana firmata niente meno che da Asia Argento. Un mix davvero esplosivo, insomma. Il titolo di prima pagina? Di stringente attualità (si scherza, ovviamente): "B. riesuma Francesca. Ma Ambra ricorda: "Io da Silvio a Weinstein". Insomma si torna alle cronache pruriginose e fangose di anni fa e si lega in un guazzabuglio insensato il fatto che Berlusconi sia tornato a parlare di Francesca Pascale con il fatto che la Battilana, la donna che ha incastrato Weinstein, abbia trascorso alcune serate ad Arcore. Serate che per Travaglio ed Asia Argento sono, inequivocabilmente, "bunga bunga". Leggi anche: Argento-Battilana, la parte 1 del fango da ridere (sul Fatto) Dunque, i dettagli di quelle serate snocciolati dalla Battilana, che parla di statuette di Priapo e delle danze di Nicole Minetti. E presunti particolari scabrosi, come il seguente: "Berlusconi ci chiese di fare il giro della casa per vedere com'era. Entrammo in una sala, enorme, con questo tavolo tipo di 10 metri. Sopra c'era una collezione di statuette di mucche. E lui chiese a me e a Chiara di aprire una scatola e di posizionarne una a testa sul tavolo. Probabilmente erano tutte quelle che erano state". Roba che scotta, la "mucchetta", tanto che Travaglio la piazza anche nel titolo di pagina 3 (sul "roba che scotta", altrettanto ovviamente, c'è dell'ironia). Sesso? Neanche l'ombra, appunto. La Battilana parla di una presunta danza della Minetti svestita e di alcune ragazze che "mimavano la fellatio" con una statuetta di priapo. Insomma, il nulla assoluto. Colate di fango sul Cavaliere firmate Travaglio-Battilana-Asia Argento, l'ultimo capitolo dell'ossessione personale del direttore del Fatto. Un'ossessione che incredibilmente vale ancora il titolo di apertura.

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