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Roberto Saviano, il collega plagiato: "Protetto come Mattarella, scortato per le presentazioni di libri"

Giulio Bucchi
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Lui è Simone Di Meo, giornalista napoletano che ha denunciato Roberto Saviano per plagio, vincendo la causa. Intervistato dal Tempo, uno dei cronisti che hanno "ispirato" Gomorra (senza essere mai citati) dice la sua sul caso della scorta che il ministro degli Interni Matteo Salvini ha minacciato di revocare a Saviano. Un livello di protezione, sottolinea, "inferiore solo a quello del presidente della Repubblica". Un dettaglio non da poco, soprattutto considerando le condizioni in cui sono costretti a lavorare i colleghi che operano sul campo, in Campania, tra i boss e i loro familiari. "Mi fa ridere tutta questa grancassa di associazioni di categoria, sindacati, eccetera che si fanno avanti come paladini della libertà d'informazione. Sa quanti sono dalle mie parti i giornalisti che fanno un lavoro di trincea e hanno la scorta? Nessuno". Leggi anche: La Meloni disintegra il copione Saviano, "Sai a chi darei la scorta io?" Salvini, spiega Di Meo, "ha sbagliato perché la tutela va garantita, ma c'è un problema, che si pone quando la scorta, più che uno strumento per assicurare protezione a un personaggio famoso, viene utilizzata, come nel caso di Saviano, per accompagnarlo a presentare i suoi libri. Ecco, in quel caso, visto che Saviano ha una ricchissima agenda di natura editoriale, mi chiedo se sia giusto che a pagare sia il contribuente e non sarebbe invece più opportuno, anche per smarcarsi dall'accusa di voler lucrare sulla scorta, che, quando si sposta per quei motivi, se la pagasse lui. Sarebbe anche un modo per togliere un argomento alla narrazione antisavianea".

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