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Il boss Graviano intercettato:"Vogliono che incastri Berlusconi"

Su L'Espresso la confidenza del padrino al figlio nel 2010. "Devo dire che sono amico suo"

Matteo Legnani
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  Giuseppe Graviano è uomo d'onore: Cosa Nostra. E dunque, come per tutti gli uomini d'onore, le sue parole vanno prese con le pinze. Queste, però, non sono semplici dichiarazioni: registrazioni effettuate nella sala colloqui del carcere (penitenziario di Opera), mentre il boss, siamo nell'anno 2010, parla con il figlio. E Giuseppe Graviano, padrino palermitano, stratega dell'attacco allo Stato e degli attentati del 1993, dice due cose. Prima cosa: vogliono che accusi Silvio Berlusconi. Per la precisione: "Mi hanno fatto tutti questi soprusi perché vogliono che accuso..., che dico che Berlusconi è amico mio, che Berlusconi è quello che ha fatto fare le stragi, che il 20 per cento di quello che ha Berlusconi è mio, cioè una parte del Milan, Mondadori, Mediaset" Seconda cosa: l'obiettivo di Cosa nostra durante le trattative con lo Stato non era il “carcere duro”, cioè il regime speciale, il 41 bis, l'isolamento e l'impossibilità di dirigere le cosche dall'interno di una cella. Erano le “carceri dure”, cioè l'Asinara e Pianosa, i due penitenziari che agli inizia degli anni Novanta ospitavano la maggior parte degli affiliati alla mafia, boss e gregari, colletti bianchi e killer. E l'Asinara e Pianosa, come la mafia voleva, furono realmente chiuse. Non nel 1993. Qualche anno più tardi, nel 1998. All'epoca presidente del Consiglio era Romano Prodi. Ministro dell'Interno: Giorgio Napolitano. Ministro di Grazia e Giustizia: Giovanni Maria Flick. Lo scrive, nel numero in edicola oggi, non un giornale filoberlusconiano ma l'Espresso, una bibbia in materia antiberlusconiana. Leggi l'articolo integrale di Mattias Mainiero su Libero in edicola oggi 5 luglio  

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