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Nicole Minetti "perdona" Sara Giudice: "Ti capisco, ti trattano come me"

Giulio Bucchi
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  di Francesco Specchia Quant'è bella giovinezza / che si fugge tuttavia... «Piena solidarietà a Sara Giudice. Chi più di me può capire come si sente una ragazza di quell'età che finisce nel tritacarne mediatico...». Al di là dell'accusa di scambio di voti 'ndranghetisti di cui è accusato il papà (ex Pdl già condannato per truffa) sherpa per i voti della figlia, c'è una cosa che non perdoneremo mai alla giovane Sara Giudice: l'aver consentito all'altra giovane, Nicole Minetti -titolare della frase di cui sopra-, di potersi fregiare, anche se per un sol giorno, delle stigmate di martire del sistema. Dalla Minetti alla Giudice: amoralità e moralismo del vuoto politico. Sarebbe troppo facile, adesso, intrecciare i listini coi festini, lo sdegno col silicone, lo sprezzo delle istituzioni con le parabola politica di due virgulti del centrodestra milanese. La notizia che la ventiseienne Sara Giudice, bellezza ambrata di professione studentessa e consigliera Fli nel consiglio milanese di zona 6, detta dallo psicologo Willy Pasini «la Giovanna d'Arco italiana» un po' spiazza. Secondo il gip Alessandro Santangelo gli stessi 'ndranghetisti che avevano investito su Zambetti in Regione nel 2010 avrebbero poi appoggiato la neofita della politica Giudice, raccogliendo circa 400 degli oltre 1000 voti  che ella ottenne alle comunali del 2011, grazie all'appoggio del padre Vincenzo. Ossia d'un ex consigliere comunale ed ex presidente della società Metro Engeenering dal gennaio 2012 già condannato, non ricandidato ma pertinace sostenitore della propria prole. Sara era rimasta tagliata fuori dal Consiglio Comunale a causa dello scarso successo del Terzo polo di Fini e Casini. E criticando (giustamente) l'ascesa irresistibile della Minetti pre-Bunga-Bunga, divenne un'eroina della politica «fatta di professionalità che si mettono al servizio della città, fuori dalle logiche burocratiche di partito». Sara, passata dalle sponde berlusconiane al Fli, aveva eluso le sirene di un ministro pdl che -pare-  «voleva farla assumere a Mondadori», purchè smettesse con le eroiche intemperanze. Dopodichè si era gettata in pasto ai media manifestando contro gli smutandati azzurri di Ferrara al teatro Dal Verme, col direttore del Foglio che non la degnò d'uno sguardo; e aveva raccolto le firme contro l'ossimoro di un'igienista/ modella inserita d'imperio nel listino bloccato (avremmo firmato anche noi). Sara s'era spinta, addirittura, qualche settimana fa, pubblicamente, tra le braccia di Matteo Renzi il quale ne aveva gentilmente rifiutato l'endorsement.  Sara era, soprattutto, indaffaratissima nel nutrire di consenso e dei proteste la sua lista civica anti-Minetti «Milano merita». Anche se, Milano non meritava nè le Minetti nè le Giudice. Se fai di professione l'antipolitica e non ti chiami Grillo, la cosa a lungo andare stanca. Infatti è stata proprio per la stanchezza da impegno civile che la giovane Sara in consiglio di zona 6 dove è stata eletta nel 2006, si presentò l'anno scorso ad un totale di nove sedute. L'anno prima ci era andata due volte in più, nel 2008 a diciassette. In tutto il mandato si parla di 76 presenze. Più sui giornali che in Consiglio non è un buon viatico per la «politica pulita».  «Vogliamo che vadano avanti i giovani in gamba con percorsi puliti e meritocratici», urlava Sara. E ora si potrebbe scoprire che quei percorsi, oltre a passare dal papà politico contestato, potrebbero traversare i terreni della criminalità organizzata. «Mio padre non aveva ruoli politici o istituzionali di alcun tipo, e non poteva garantire niente a nessuno. É un complotto», si difende oggi la ragazza, attaccando la stessa Procura che indaga sull'arcinemica Minetti. «Dallo scambio di coppie al voto di scambio...», chiosa un consigliere regionale incensurato (uno dei pochi rimasti, ormai). E poi uno dice: largo ai giovani....  

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