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Mediaset, Berlusconi condannato a 4 anni

Silvio Berlusconi

L'accusa di frode fiscale. Per Berlusconi interdizione di 5 anni dai pubblici uffici e risarcimento al fisco di 10 milioni. Confalonieri assolto. I giudici si pronunciano prima della decisione della Consulta sul conflitto di attribuzione: la prassi viene calpestata

Andrea Tempestini
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Il passo indietro politico non ferma l'accerchiamento giudiziario: Silvio Berlusconi è stato condannato a quattro anni per frode fiscale nell'ambito del processo Mediaset, che riguarda le presunte irregolarità per la vendita di diritti televisivi e cinematografici. Una pena, quella inflitta all'ex premier, più dura rispetto a quella proposta nella requisitoria della pubblica accusa, che aveva chiesto 3 anni e 8 mesi dicarcere. Dei quattro anni di condanna, tre sono già stati condonati: Berlusconi ha beneficiato della legge 241 del 2006, quella sull'indulto. Berlusconi ha definito la sentenza "barbara", e dettata da motivi politici, e ha poi recitato il "requiem" per la democrazia, uccisa da toghe degne di un "paese incivile". Interdizione pubblici uffici - Nel dettaglio, i giudici milanesi hanno giudicato prescritto il reato per il 2011, ma non per gli esercizi 2002-2003. Angelino Alfano, segretario del Pdl, ha subito parlato di "ennesimo accanimento giudiziario". Contestualmente, il Cavaliere è stato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni (l'interdizione non è immediatamente esecutiva, ma lo diventerà se la sentenza passasse in giudicato con il terzo grado di giudizio), ed è prevista inoltre l'interdizione per tre anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per tre anni. Berlusconi, in solido con altri imputati dovrà versare la somma di 10 milioni di euro come provvisionale all'Agenzia delle Entrate, che si era costituita parte civile nel processo (si tratta di una provvisionale, e il risarcimento complessivo dovrà essere liquidato in sede civile). Nello stesso processo - un primo grado che arriva a sentenza dopo sei anni - il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, è stato assolto "per non aver commesso il fatto". Anche il presunto "socio occulto", l'imprenditore Frank Agrama, è stato condannato a 3 anni di carcere. "Sentenza incredibile" - In una nota congiunta, i legali di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, hanno commentato la sentenza, definita "assolutamente incredibile e che va contro le risultanze processuali. Addirittura non si è tenuto conto delle decisioni della Corte di Cassazione e del Giudice di Roma, che per gli stessi fatti hanno ampiamente assolto il Presidente Berlusconi". "Evasione notevolissima" - Secondo il Tribunale di Milano, col meccanismo dei costi gonfiati nella compravendita dei diritti tv è stata realizzata una "evasione notevolissima". Nel corso della lettura del dispositivo, le toghe hanno spiegato che il meccanismo di compravendita dei diritti televisivi Mediaset rappresentò un sistema "fraudolento", che non aveva "una logica commerciale" e attraverso il quale "i prezzi hanno subito dei rincari non giustificati". E ancora, i giudici parlano di "diretta riferibilità a Berlusconi del sistema dei diritti televisivi mediaset", e proprio la riferibilità a Silvio, per i giudici, "ha permesso di mantenere e alimentare l'illecita disponibilità a società estere a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi". Non è sostenibile poi, è scritto nella sentenza, "che un altro dirigente abbia organizzato il sistema". Gli stesi vertici della società poi, sempre secondo i giudici, "ancora oggi non riconoscono l'illiceità di quanto contestato". Secondo le toghe Berlusconi "gestiva il sistema anche dopo la discesa in campo". Secondo le toghe, "non è sostenibile che la società abbia subìto truffe per oltre un ventennio senza neanche accorgersene". Nel quadro tratteggiato dai giudici di Milano, Berlusconi è il "dominus indiscusso" della società, e da parte sua c'è stato "un preciso progetto di evasione esplicato in un arco temporale ampio e con modalità sofisticate". "Agrama, vero mandatario" - Nello spiegare il "diretto e consapevole meccanismo di creazione dei fondi neri" da parte di Mediaset, i giudici del tribunale di Milano assegnano un ruolo cruciale all'imprenditore Frank Agrama, ritenuto il "vero mandatario" in funzione di Berlusconi nella compravendita dei diritti televisivi e cinematografici da parte delle aziende dell'ex capo del Governo. Nel corso del processo, i legali di Berlusconi avevano invocato come prova a discarico del loro assistito una lettere scritta al defunto manager di Fininvest Carlo Bernasconi da parte di Agrama nella quale quest'ultimo si lamentava dei meccanismi dei diritti televisivii. Il conflitto di attribuzione - Sul procedimento resta pendente la decisione della Corte Costituzionale su un conflitto di attribuzioni con la Camera: la presidenza di Montecitorio si era rivolta alla Consulta dopo che il tribunale di Milano, nel marzo del 2010, rifiutò il rinvio di una delle udienze nonostante il fatto che il Cav, all'epoca premier, fosse impegnato in attività di governo. E a dimostrazione del fatto che quello nei confronti di Berlusconi è un vero e proprio assedio delle toghe, c'è il fatto che è rarissimo che un Tribunale emetta sentenza mentre la Consulta deve ancora decidere su un passaggio del procedimento che è stato celebrato. Non ci sono obblighi effettivi, ma la prassi più che consolidata vuole che i giudici, in attesa di una decisione che riguarda il "loro" processo da parte della Consulta, proseguano i lavori fino a sentenza, ma a quella si fermino. Così, guarda caso, non ha fatto la prima sezione penale del Tribunale milanese. La questione è tutt'altro che irrilevante. Se la Consulta infatti dovesse decidere che quel giorno del marzo 2010 il Tribunale doveva accogliere la richiesta di rinvio avanzata dai legali dell'ex premier tutto quanto fatto dopo quella data, sentenza compresa, dovrà essere rifatto. La vicenda - E' arrivata così a un primo punto di arrivo, una sentenza di primo grado, una vicenda infinta: quasi 10 anni di indagini prima, un'udienza preliminare convocata e continuamente aggiornata di mese in mese poi, fino ai rinvii a giudizio nel 2006. Il processo è durato quasi 6 anni, a "singhiozzo" tra richieste di ricusazione avanzate dai legali e l'istanza di astensione presentata dal giudice. Successivamente, nuovi slittamenti sono stati dovuti al Lodo Alfano e al conseguente ricorso alla Consulta, richiesta di trasferimento del procedimento a Brescia, legittimi impedimenti di Silvio Berlusconi, cambi di capi d'imputazione. E' stato un percorso a ostacoli quello che ha portato alla sentenza di primo grado per il processo Mediaset che ha visto l'ex premier condannato a 4 anni per frode fiscale. 

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