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Le quote rosa spaccano il Pd

Lucia Esposito
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Le donne del Pd sull'orlo di una crisi di nervi dopo la bocciatura delle quote rosa. Il risultato del voto alla Camera mostra inequivocabilmente una spaccatura all'interno della compagine democratica. I deputati del Pd, infatti, sono 293, ma i voti favorevoli agli emendamenti sono stati decisamente inferiori. Inoltre, hanno appoggiato le quote rosa anche i deputati di Sel e del centrodestra, pertanto il numero dei democratici a favore si assottiglia ancora. Poco dopo i risultati del voto alla Camera, il premier Matteo Renzi affida a Twitter il suo pensiero e cerca di sgombrare il campo dalle inevitabili polemiche. "Il Pd - scrive - rispetta il voto del Parlamento sulla parità di genere, ma anche l'impegno della direzione Pd: nelle liste l'alternanza sarà assicurata". Ma la spaccatura è tutt'altro che teorica. Durante l'assemblea del gruppo Pd si è consumato un durissimo scontro tra Rosi Bindi e Matteo Renzi. Mentre il premier parlava, la deputata lo ha interrotto per protestare contro la mancata approvazione delle quote rosa nella legge elettorale. Il Pd è un partito ferito dai 100 voti mancati per far passare la norma antidiscriminatoria", ha poi detto nel suo intervento. La legge elettorale, ha ammonito Bindi, "è passibile di incostituzionalità". Si apre un altro fronte di scontro di un partito già fortemento diviso e ulteriormente scosso dalla decisione del segretario di "scalzare" Enrico Letta da Palazzo Chigi. Le quote rose ora rappresentano un'altra spina nel fianco per Renzi. Le donne del Pd lo accusano di aver sacrificato la loro causa sull'altare dell'accordo col Cav. (la Moretti ha preso di mira la fedelissima di Renzi Boschi). Ma se i nervi sono a fior di pelle tra le signore, c'è anche chi tra gli uomini è pronto a lasciare la propria poltrona per la questione dei genere. Non sono solo le donne del Pd a protestare per la mancata approvazione, ieri alla Camera, di norme sulla parità di genere nella legge elettorale. Questa mattina,martedì 10 marzo nel corso dell'assemblea del gruppo, ha espresso il suo "disagio" anche Maino Marchi. Per questo, ha chiarito, il deputato, voterà la legge ma da soldato semplice: "Mi dimetto da capogruppo Pd in commissione Bilancio", ha annunciato. Eppure la legge elettorale in cui dovrebbero essere inserite presenta criticità e anomalie ben più preoccupanti: prima di tutto il fatto che si applichi solo alla Camera e non al Senato, la previsione di quattro diverse soglie  di sbarramento...

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