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Forza Italia, il nome "Berlusconi" può invalidare il voto

Ignazio Stagno
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Non bastassero le divisioni interne, con il partito diviso tra «cerchio magico» dei fedelissimi e vecchia guardia, in vista delle Europee dentro Forza Italia cresce anche il timore di dover fronteggiare possibili contestazioni ai seggi. Il pomo della discordia è legato al nome «Berlusconi». Inteso sia come simbolo da presentare agli elettori, sia come preferenza da esprimere sulla scheda. Il primo rischio è legato agli effetti dell'incandidabilità derivanti dall'applicazione della legge Severino. Qualcuno, all'interno dello staff legale dell'ex presidente del Consiglio, avrebbe messo in guardia Berlusconi dall'inserire il proprio cognome nel simbolo di Forza Italia. Opzione che offrirebbe il destro a possibili contestazioni proprio in virtù dell'esclusione dalle urne sancita dalla normativa che porta il nome dell'ex Guardasigilli. Un timore fugato, nei giorni scorsi, da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, secondo cui «non ci sono ostacoli» alla presenza del cognome «Berlusconi» nel simbolo azzurro. «Si tratterebbe di una sorta di richiamo ideale», ha spiegato Mirabelli: «Una volta è apparso su una lista il nome di Garibaldi. Il fatto che ci sia una qualsiasi scritta non vietata è possibile». È molto più concreto, invece, il rischio che gli elettori di Forza Italia, dopo l'annuncio del desiderio del Cav di candidarsi, si rechino alle urne con l'intenzione di scrivere sulla scheda il nome del leader. In quel caso la preferenza a Berlusconi sarebbe annullata. Con il pericolo, in caso di presidente di seggio molto zelante, di aprire una contestazione sulla validità dell'intero voto a Forza Italia. La normativa, e i precedenti in materia, sono tuttavia chiari: nel caso sulla scheda compaia una preferenza non valida, ad essere annullata è la preferenza e non il consenso alla lista. Ciononostante, è il ragionamento che stanno facendo i dirigenti azzurri, il pericolo di aprire una serie di contenziosi sulle schede elettorali, visto l'orientamento dei presidenti di seggio da sempre giudicato tradizionalmente ostile dallo stesso Berlusconi, è reale. Un guaio per l'ex premier e lo stato maggiore forzista, che hanno fissato nel 20% dei voti l'obiettivo minimo da raggiungere alle Europee. Un inconveniente cui qualcuno aveva pensato di ovviare con la candidatura di uno dei figli del Cavaliere. Ma Berlusconi per ora ha detto no. di Tommaso Montesano

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