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Riforma Senato, la maggioranza va sotto sull'odg Calderoli. Il giallo delle dimissioni della Boschi

Giulio Bucchi
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La maggioranza si spacca sulla riforma del Senato. Alla fine, dopo una giornata difficilissima, passa il testo base del governo con 17 voti a favore e 10 contrari in Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Decisivi i voti di Forza Italia, ed è un segnale importante al premier Matteo Renzi. Attento, perché il Pd può tenderti trappole ad ogni voto e sulle riforme puoi contare solo su di noi. Maggioranza sotto - Vero, perché poche ore prima del voto definitivo era arrivato un altro segnale, molto inquietante: la maggioranza era andato sotto sull'ordine del giorno del leghista Roberto Calderoli che di fatto proponeva un "Senato elettivo" in netto contrasto con il testo del governo. Anche in questo caso decisivo l'apporto degli esponenti di Forza Italia, che insieme all'opposizione (Sel e 5 Stelle) e grazie all'astensione del democratico Mineo e al sì del presidente dei Popolari per l'Italia Mario Mauro avevano portato allo "sgambetto". L'ordine del giorno di Calderoli prevede "senatori regionali eletti in ciascuna regione in proporzione alla popolazione, contestualmente all'elezione nel rispettivo consiglio regionale o di provincia autonoma". Il testo prevede anche la soppressione dei senatori a vita e stabilisce di prevedere oltre ad un elenco delle materie di competenze statali, un elenco di materie di competenza esclusiva delle Regioni. Fra queste il governo del territorio e l'urbanistica, le infrastrutture del territorio regionale, la promozione dello sviluppo economico locale, scientifico e tecnologico nei diversi settori, turismo di ambito regionale, tutela della salute e organizzazione dei servizi sanitari, organizzazione dei servizi scolastici e ordinamento degli enti di area vasta. Tutti punti non previsti dal ddl approvato dal Consiglio dei ministri che il governo aveva, di fatto, cercato di blindare per evitare scherzi in Commissione. Missione fallita, perché il testo finale è passato col fiatone. Il giallo Boschi - Sul punto nel pomeriggio si è creato un vero e proprio giallo sulle dimissioni di Maria Elena Boschi. Di fronte alle tensioni della maggioranza, intorno alle 19 si sparge la voce della "minaccia" del ministro delle Riforme ai membri del Pd nella commissione diretta da Anna Finocchiaro: o si prende come testo-base per la discussione il ddl approvato dal Consiglio dei Ministri oppure è pronta a rassegnare le dimissioni, con il risultato che mercoledì il premier Matteo Renzi sarebbe dovuto salire al Colle per verificare con il presidente Giorgio Napolitano il da farsi. "Non l'ho mai detto", è la secca smentita della stessa Boschi all'agenzia di stampa Adnkronos, qualche minuto dopo. Ma la situazione resta critica. La difficile intesa - "Stiamo andando ad un accordo. Il governo ha presentato un testo in Consiglio dei Ministri. La maggioranza lo sosterrà - assicurava il ministro -. Abbiamo aperto a modifiche che verranno individuate in un ordine del giorno. Non la diamo vinta a Calderoli". I 5 Stelle Endrizzi, Morra e Crimi l'hanno pizzicata: "La Boschi lancia minacce a vuoto di crisi di governo ma c'è solo un governo in crisi d'immagine". Al di là della smentita del ministro, in effetti, l'impressione è che Pd, maggioranza e governo sulla riforma del Senato rischino molto. Al lavoro sul provvedimento oggi sono stati i due relatori, Finocchiaro e il leghista Calderoli, e per votare il testo base sono necessari 15 ok in commissione. Forza Italia sarebbe orientata a non votare il testo del governo, se diventa questo la base di lavoro per la Commissione e valuterà se dare il suo sì ad un eventuale odg dei relatori. Ad auspicare un testo condiviso anche il Pd Corradino Mineo: "Ogni volta che mi allontano - dice con una battuta - arriva una strana cosa" che cambia tutto. Votare il testo del governo? "Sarei molto in difficoltà", osserva. Non ha mentito.

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