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Riforma del Senato, intesa tra Renzi e la Lega Nord per mettere Berlusconi in un angolo

Giulio Bucchi
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"Nove su dieci, è fatta". Roberto Calderoli esulta, perché sulla riforma del Senato siamo in vista del traguardo. E che l'annuncio lo dia proprio la Lega Nord, il partito di Matteo Salvini, è politicamente significativo. Il sospetto, visto che di contenuti ancora non ne sono usciti, è che Matteo Renzi e il Pd stiano chiudendo un'intesa con il Carroccio per mettere all'angolo Forza Italia e Silvio Berlusconi, neutralizzare il Cavaliere e costringerlo ad accettare il pacchetto completo, o come minimo rinunciare alle barricate. Martedì prossimo Renzi e Berlusconi si vedranno di nuovo e il rischio per l'ex premier è, a quel punto, di non avere più molta voce in capitolo. L'accordo con la Lega - L'impressione, spiega Ugo Magri su La Stampa, è che l'accordo sul nuovo Senato si farà con una sostanziale concessione alla Lega, in particolare sul Titolo V che disciplina i rapporti tra Stato e Regioni. La conferma di un impianto federalista sarebbe un colpaccio per il duo Salvini & Calderoli, in grado di mettere in secondo piano le discussioni sulla elettività o meno dei senatori. Renzi li vorrebbe non eletti, per riempire Palazzo Madama di esponenti di Comuni e Regioni. Berlusconi o almeno buona metà di Forza Italia, viceversa, li vorrebbe eletti per evitare che il Pd, molto forte sul piano delle amministrazioni locali, di fatto controlli la Camera Alta. Berlusconi all'angolo - Il problema, per il Cav, è evidente. Ma la mossa a tenaglia Renzi-Lega nasconde un paio di letture. Da un lato, il premier accelera per chiudere la riforma assicurandosi i 15 voti dei padani, che renderebbero inutile la convergenza o l'opposizione di Forza Italia. Berlusconi a quel punto avrebbe due strade: rompere, ritrovandosi isolato come mai negli ultimi mesi, oppure riavvicinarsi al governo, concedere qualcosa, rischiando però di far esplodere i falchi di Forza Italia, Augusto Minzolini in testa, da sempre contrari a una riforma del Senato così come l'ha concepita l'esecutivo. Il bluff di Renzi - La seconda lettura è un po' più complessa: la vicenda è una partita di poker in cui anche Renzi potrebbe bluffare. Il premier sa che per evitare un referendum sulla riforma servirà una maggioranza dei 2/3 in Parlamento, impossibile senza il sostegno di Forza Italia. Ha senso dunque rischiare di andare avanti comunque e presentare agli elettori un testo comunque pasticciato e contestabile, con il rischio di essere bocciato? Sarebbe, quello sì, uno smacco difficilmente digeribile. Il primo, vero ko elettorale tutto targato Renzi, senza poter scaricarne la responsabilità sulla vecchia gestione della "ditta" Pd. 

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