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Ddl riforme, la marcia delle opposizioni verso il Colle dopo l'ok alla "ghigliottina"

Andrea Tempestini
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La maggioranza e il governo salvano riforme e vacanze: la tagliola per dribblare gli emendamenti e approvare il ddl riforme calerà l'8 agosto, termine massimo per l'ok alla riforma del Senato, osteggiata da M5s, Lega Nord, Sel e dissidenti di Pd e Forza Italia. Una scelta clamorosa, che bissa quella dello scorso dicembre per il decreto Imu-Bankitalia. Una scelta che ha letteralmente incendiato l'aula. Prima la bagarre che ha seguito l'annuncio del "voto con contingentamento" (così in gergo tecnico). Quindi la marcia verso il Quirinale, promossa dai grillini. Il primo annuncio è del senatore pentastellato Alberto Airola: "Visto che il Parlamento non conta più nulla, andiamo da Re Giorgio". Poco dopo, dalle parole ai fatti. Patrizia Terzoni, sempre su Twitter, annuncia: "Abbiamo abbandonato l'aula per andare con tutta l'opposizione dal Senato al Quirinale". Insieme ai grillini, nella marcia verso Giorgio Napolitano, anche la Lega Nord, Sel e i dissidenti. Tensione al Colle - Nella prima avanguardia arrivata al Quirinale c'era un nutrito numero di leghisti, con Divina in prima linea, in mano una copia della Costituzione. La piazza ha iniziato a riempirsi, questa volta non di manifestanti, ma di senatori. Una clamorosa protesta, insomma. I membri delle opposizioni sono stati contenuti da un corposo cordone di sicurezza, alcuni dei parlamentari indossavano la fascia tricolore al braccio, e si sono ammassati via via davanti all'accesso principale del Quirinale mentre le forze dell'ordine suggerivano una collocazione un poco più defilata. Non si escludeva che una piccola delegazione dei parlamentari potesse essere ricevuta, magari dal segretario generale di Napolitano. Poi però Beppe Grillo - dopo aver scritto su Twitter che "la democrazia è stata uccisa. Noi non molliamo" - ha fatto sapere che "Napolitano non ha incontrato i capigruppo delle opposizioni perché era leggermente indisposto...".

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