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Riforma Senato, caos a Palazzo Madama. Pietro Grasso minaccia: "Chiamo la polizia". Poi il chiarimento

Giulio Bucchi
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Al Senato va in scena una giornata sull'orlo di una crisi di nervi. Ostruzionismo, proteste, sedute sospese: la riforma studiata dal governo non procede, bloccata da migliaia di emendamenti e da voti impossibili. In un clima isterico, di sfinimento, durante la conferenza dei capigruppo il presidente Pietro Grasso mette sul tavolo anche una ipotesi mai udita prima a Palazzo Madama: chiamare la polizia in caso di tumulti. I senatori dell'opposizione trasecolano, urlano, il capogruppo di Gal Giovanni Ferrara s'indigna, alterato, respingendo le parole di Grasso. Una misura estrema dopo due giorni di barricate, tra l'esagitato e il goliardico (indimenticabile la presenza sui banchi di un canguro di peluche brandito dal senatore del M5S Maurizio Buccarella). Il giallo si risolve qualche minuto dopo, quando il portavoce dello stesso Grasso interviene sul caso e spiega: "Il presidente del Senato si riferiva agli assistenti d'aula che il Regolamento definisce Polizia del Senato. Con il senatore Ferrara l'equivoco è stato chiarito durante la conferenza dei capigruppo". In ogni caso, non esattamente l'atmosfera ideale per imbastire una pacata e costruttiva riflessione sul futuro istituzionale della Repubblica italiana.

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