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Senato, i costi della rottamazione

Lucia Esposito
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Che figata rottamare i politici. Ma la rottamazione ha un costo. Depennare 320 senatori non significa che quelli, puff, evaporano. Aver rivestito una carica parlamentare dà diritto a dei privilegi anche dopo la cessazione del mandato. C'è il vitalizio. E c'è la liquidazione. Il senatore come il diamante: è per sempre. Nel senso che costa al cittadino anche quando smette di trafficare con emendamenti e interpellanze. Però va detto: rispetto al passato la situazione è meno imbarazzante. Gli scandali della Casta hanno portato le istituzioni a rivedere il sistema previdenziale degli eletti. Che è diventato un po' più simile a quello dei comuni mortali. Dal gennaio 2012 è stato introdotto il calcolo contributivo. La pensione scatta dai 65 anni di età. Ma per i senatori alla seconda legislatura il vitalizio è anticipato allo scoccare delle 60 primavere. Vista la complessità del sistema di calcolo, identificare al centesimo l'entità di ciascun assegno è complesso. Si può però far riferimento a una griglia abbastanza realistica: con dieci anni di “militanza” sugli scranni di Palazzo Madama si può aspirare a un assegno mensile di circa 3.500 euro. Se l'anzianità di servizio sale a 20 anni, la pensione lievita fino a 4.500 euro. Per i senatori di lungo e lunghissimo corso - che, va detto, non sono molti - il discorso si fa ancora più interessante: oltre i 30 anni di lavori in Senato garantiscono circa 7.000 euro di vitalizio mensile. Queste le regole. Vediamo cosa potrebbe succedere se il ddl Boschi, che ieri ha incassato il primo sì, abolisse davvero questa Camera Alta e i suoi criteri elettivi mandando a casa tutti gli attuali inquilini di Palazzo Madama. Chi esulta e chi aspetta - ]I veterani, in totale 93, sono già pronti a passare dall'indennità al vitalizio. A patto che abbiano portato a termine almeno una legislatura. Altri 141 over cinquanta sono molto vicini al traguardo. Specie i politici di lungo corso, gli unici che festeggeranno il sessantesimo compleanno con il primo bonifico della tesoreria del Senato. Gli under 50 dovranno avere un po' di pazienza. Premio di consolazione - Ma, nel frattempo, c'è il premio di consolazione. Al termine del mandato per tutti - a prescindere dalla permanenza sugli scranni - è prevista la liquidazione. Che è pari all'80 per cento dell'importo mensile lordo dell'indennità (10.385 euro) moltiplicato per il numero degli anni di mandato effettivo. I soldi vengono presi da un fondo di solidarietà che tuttti i senatori alimentano con una trattenuta mensile del 6,7 per cento. Ma sempre di fondi pubblici si tratta.  Alcuni esempi Prendiamo un senatore con una robusta esperienza parlamentare come il dissidente democratico Vannino Chiti, colui che ha iniziato la guerriglia degli emendamenti che ha fatto venire i capelli bianchi a Renzi. Costui ha all'attivo 4 legislature e se porta a termine anche questa avrà trascorso 17 anni nelle aule parlamentari. Chiti sarà pronto per il vitalizio (circa 4mila euro mensili) e avrà diritto a un assegno di fine mandato superiore ai 140mila euro.  Ma non è lui il più fortunato. Giulio Tremonti, più volte ministro, può vantare anche una lunga carriera parlamentare. Nel 2018 consegnerà il Senato che vollero i padri costituenti alla storia con 200mila euro di liquidazione e una pensione di 5.300 euro circa. Meglio di tutti i due veterani, Pier Ferdinando Casini e Altero Matteoli. Loro sono in Parlamento dal 1983. Sin d'ora possono sperare in una vecchiaia serena con 300mila euro di bonus e un vitalizio da quasi 7mila euro. di Salvatore Dama

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