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Renzi, Boldrini, Grasso & Pinotti: Il potere si trasferisce al campo scout

Lucia Esposito
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A sorpresa, Matteo Renzi è arrivato a San Rossore al raduno nazionale degli scout. Accompagnato dalla moglie Angese Landini (i due si sono conosciuti proprio grazie all'esperienza dello scoutismo). Leggi l'articolo del viderirettore Fausto Carioti su come il movimento un tempo dileggiato si è preso una rivincita.  Oggi ci sarà la terza carica dello Stato: Laura Boldrini interverrà sui uno dei suoi cavalli di battaglia, la violenza di genere. Domattina il gran finale: alla presenza di Matteo Renzi celebrerà la messa il cardinale Angelo Bagnasco, capo dei vescovi italiani. Il presidente del Senato, Piero Grasso, avrebbe dovuto partecipare ieri, ma è stato trattenuto dalla votazione sulla riforma della Costituzione. Dovrebbe fare un salto comunque, prima che l'evento finisca, a stringere mani e salutare i ragazzi. A completare il gotha istituzionale, a questo punto, mancherebbe solo il presidente della Repubblica, ma si sa che la parrocchia di Giorgio Napolitano è un'altra. Poco male: si punta a rimediare con il candidato numero uno alla successione, il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Anche lei bloccata ieri dagli impegni romani, è attesissima. Se non altro perché - al pari della Boldrini e di Renzi - la presidentessa della Repubblica che Renzi ha già proposto a Silvio Berlusconi è una di loro. A fare da contorno di lusso il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, sottosegretari in carica come Sandro Gozi, ex ministri lettiani come Enrico Giovannini e Maria Chiara Carrozza. Insomma, scordatevi i conclavi del gruppo Bilderberg e i breakfast dell'Aspen Institute: nell'era di Renzi l'Italia che conta e vuole contare ancora di più ha un curriculum da lupetto o coccinella. In queste ore sgomita per farsi fotografare nel parco pisano di San Rossore, al megaraduno nazionale dell'Agesci, l'associazione dei boyscout cattolici. Il Senato romano ha un piede nella fossa, il potere adesso passa da qui: trentamila ragazzi con i pantaloncini corti e lo zaino sulle spalle, arrivati su quei pulmini parcheggiati accanto alle auto blu. Obiettivo: scrivere tutti insieme la «Carta del coraggio».  Misurato col metro della politica, il meeting di Comunione e Liberazione al confronto è modernariato e la festa dell'Unità pare la Baggina. Ennesima mutazione antropologica dei compagni: la sinistra che ambisce a scalare l'Italia e a monopolizzare le cariche indossa la maschera buonista e sorridente del suo nuovo leader. Ridicolizzati sino a qualche anno fa, inseguiti ovunque da quella citazione ritrita di George Bernard Shaw («i bambini vestiti da cretini etc etc»), i boyscout si godono adesso la più completa delle vendette: l'appartenenza al gruppo che diventa oggetto d'ostentazione. Di più: viene rivenduta in piazza come la scuola politica per eccellenza, il romanzo di formazione necessario a chiunque aspiri a migliorare l'Italia. Così la Pinotti, appena il suo nome ha iniziato a essere sussurrato per il Colle, si è sentita in obbligo di dirlo a tutti: «Non ho fatto scuole di partito, prima dei 29 anni non ho mai partecipato a organizzazioni politiche. La mia formazione politica è avvenuta tutta negli scout». È una scuola di leadership, ha spiegato all'Espresso «Impari come gestire un gruppo». Un modello di gender equality: «Ogni gruppo ha un responsabile maschio e una femmina. Perfetta parità, come nel governo Renzi». Una lobby (anche se ci restano male se la chiami così) che funziona: «Nelle riunioni di palazzo Chigi ci capiamo al volo». A fiutare il vento prima degli altri, per fortuna o per abilità, è stata la Boldrini. Nel gennaio 2010, l'allora portavoce dell'agenzia Onu per i rifugiati fu scelta da Famiglia Cristiana come italiana dell'anno. Lì tracciò il solco per tutti quelli che sarebbero venuti dopo: «Durante l'esperienza di scout ho imparato la vita nel gruppo, l'amore per la natura, il rispetto dei più deboli, lo spirito del servizio». Le ha portato fortuna. Stessa filosofia di Renzi, sul cui sito campeggia la frase «Lasciare il mondo un po' migliore di come lo abbiamo trovato»: è dell'inglese Robert Baden-Powell, fondatore dello scoutismo. Un presente a sinistra e un curriculum da scout: identikit che ne accomuna tanti, nella nuova e nella vecchia generazione di politici progressisti. Come a marcare la distanza dagli altri, i figiciotti che hanno in Massimo D'Alema il modello di punta e per i quali, ormai si sarà capito, la corsa alle poltrone che contano è game over. È stato scout Davide Serra, fondatore del fondo Algebris, il «finanziere renziano» per definizione. Idem Filippo Taddei, scelto da Renzi per fare il responsabile economico dei democratici. Fazzolettone al collo anche per gli attuali parlamentari piddini David Ermini, Federico Gelli e Roberto Cociancich (che marcia dopo marcia diventò presidente della Conferenza internazionale cattolica dello scoutismo). Tutti renziani di ferro, ça va sans dire. Assieme ad altri ex scout che renziani non sono, come Giuliano Pisapia, Giovanna Melandri, Giuseppe Fioroni. Ci sarebbe da aggiungere all'elenco il margheritino Luigi Lusi, che trentenne fu segretario dell'Agesci e qualche anno dopo è stato condannato per essersi impossessato dei beni del suo partito. Ma oggi per gli scout è un giorno di festa e ricordarlo non sarebbe carino. Meglio concentrarsi su ciò che luccica, come propone lo slogan coniato per la “Route nazionale” (si chiama così) di San Rossore: «Noi ci siamo, insieme faremo la storia». di Fausto Carioti  

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