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Dagospia, la prova che dimostra che si andrà al voto anticipato: il piano di Matteo Renzi

Andrea Tempestini
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Le voci sul voto anticipato, tra smentite e sussurri, si rincorrono da tempo. Ma la "prova provata" del fatto che le urne siano incombenti, ben presenti sui radar di Matteo Renzi, l'ha trovata Dagospia, che s'interroga: "Da zero a dieci quanto gliene frega al premier della Farnesina?". Una domanda alla quale dà una risposta un ambasciatore (anonimo): "Meno di cinque". A rincarare, poi, è un diplomatico più giovane, sempre anonimo: "Non vuole grane, ha scelto uno che gli ubbidisca e non dia problemi". Un'opinione comune e serpeggiante alla Farnesina: la scelta di Paolo Gentiloni è un segno di indifferenza da parte di Palazzo Chigi. La scusa buona - Sarebbe questa la "prova provata" del voto anticipato. Come sottolinea Dago, questa noncuranza "ha un solo nome: elezioni anticipate". L'ipotesi, infatti, è che Renzi abbia accettato un'ipotesi di compromesso con Giorgio Napolitano perché tanto, ormai, del suo governo gli interessa poco. L'unica cosa che gli interessa è il voto, magari già a primavera. Quello che serve, ora, è la scusa buona. E anche per la "scusa buona" c'è una concreta ipotesi: il Jobs Act, che potrebbe rivelarsi "fatale" per l'esecutivo. La ricostruzione - Dago ricostruisce poi cosa accaduto al Colle nel giorno della nomina di Gentiloni. Da un parte Renzi, convinto di Lia Quartapelle o di Marina Serafini. L'inquilino del Colle, però, esigeva maggiore esperienza, magari Lapo Pistelli. Napolitano avrebbe anche proposto Marta Dassù, oppure Emma Bonino. Altri due niet di Renzi, che comunque con Re Giorgio non ha voluto rompere (troppo importante, oggi, l'appoggio del Quirinale alle riforme). Alla fine, Matteo, ha rinunciato alla "figurina rosa", dando il suo ok Paolo Gentiloni. Una soluzione perfetta, per Matteo. Una mediazione sulla quale Napolitano non ha avuto nulla da ridire. E Renzi, forse perché convinto che tanto saranno gli ultimi mesi di questo suo governo, neppure.

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