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Regionali in Calabria ed Emilia Romagna: così il voto di oggi può cambiare tutto

Ignazio Stagno
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Oggi, tra l'indifferenza generale o quasi, si vota. La chiamata alle urne non riguarda tutti gli italiani, ma solo una parte di loro, ossia quelli che risiedono in Emilia Romagna e in Calabria, due regioni molto diverse ma i cui i governatori - l'uno del Pd, l'altro eletto col Pdl - sono decaduti in seguito a inchieste giudiziarie. Condannati entrambi, hanno infatti dovuto cedere il passo. In sé il test elettorale non è destinato a cambiare gli equilibri del paese, ma se ce ne occupiamo è perché il voto di Emilia e Calabria potrebbe rivelare sorprese. A quasi nove mesi da suo insediamento, questo è infatti il primo vero test sul governo Renzi. Certo, l'esecutivo del rottamatore è già stato soggetto a una verifica, quella delle elezioni europee, ma nel maggio scorso il presidente del consiglio era in carica da appena tre mesi e l'unico giudizio possibile era quello sulle sue promesse non sui risultati. In più, a viziare la consultazione ci fu l'operazione degli 80 euro: dopo due anni di Monti e Letta, cioè di due tipi che sapevano solo mettere nuove tasse, ecco arrivare uno che invece di tassare regalava soldi. Come poteva finire secondo voi se non con un mezzo plebiscito? E così fu, con un Pd al 41 per cento. Sei mesi dopo e molti disoccupati in più, per il governo il vento è cambiato e i sondaggi segnalano un calo di popolarità del premier. Niente di sconvolgente, intendiamoci, ma abbastanza per far sollevare il sopracciglio a molti. La sensazione è che il governo si sia incartato, che abbia sì svecchiato la politica, mandando a casa molti vecchi arnesi, ma senza produrre nulla di tangibile per le famiglie, le imprese e i lavoratori. La riforma della pubblica amministrazione non c'è, quella del lavoro è impantanata, della Giustizia non parliamo anche perché le ultime sentenze dimostrano da sole che qualcosa non va, per quel che riguarda la scuola siamo fermi alle consultazioni e chissà mai quando si concluderanno. Meglio non va con le riforme istituzionali, perché il restyling del Senato viaggia su un binario morto e la nuova legge elettorale si è trasformata in un transgender che, a forza di ritocchini, rischia di diventare un mostro che non servirà a nulla se non ad essere dichiarato incostituzionale. Insomma, dopo un mare di promesse Renzi ha un bicchiere tutto vuoto da mostrare in pubblico, perché nulla di ciò che si era impegnato a fare è stato fatto. In più, la testardaggine sull'articolo 18 lo ha messo contro il sindacato, che seppur vecchio e in crisi di rappresentanza è ancora l'anima del suo partito. Per tutte queste ragioni non c'è da sorprendersi delle notizie che arrivano da Emilia e Calabria, ma semmai ci sarebbe da rimaner sorpresi del contrario. Là dove un tempo batteva il cuore del partitone rosso, ossia Bologna, circolano voci di bruschi cali dei votanti, con una percentuale di astensionismo da record. Pur rimanendo a casa in moltissimi, probabilmente il candidato del Pd potrebbe farcela lo stesso, ma non con quei risultati che ci si immaginerebbe. Ma soprattutto a lasciare tutti a bocca aperta sarebbe l'avanzata della Lega, che in base alle voci potrebbe non solo scavalcare Forza Italia ma addirittura piazzarsi al secondo posto. Ve lo immaginate se nella rossa Emilia Romagna una forza politica che fino a ieri era liquidata come un fenomeno razzista e xenofobo, quando non fascista, diventasse la principale forza d'opposizione? Sarebbe un terremoto, una scossa sismica del livello di quella registrata anni fa quando il capo dei bottegai scalò il palazzo del comune all'ombra delle due torri, divenendo primo cittadino. Altro che fermare Salvini all'ingresso del campo rom: gli antagonisti lo avrebbero lanciato come leader anti-immigrati in tutta l'Emilia. Certo, per ora si tratta di uno scenario che alla fine potrebbe rivelarsi una chiacchiera infondata ma solo temuta, è però a Bologna e non solo in queste ore non si parla d'altro. Non solo per le conseguenze locali, ma soprattutto per i contraccolpi che si potrebbero registrare a livello nazionale. Che cosa succederebbe se il Partito democratico fosse colpito da un forte astensionismo, se cioè una parte dei suoi elettori voltasse le spalle a Renzi? Il premier avrebbe ancora la stessa forza e la stessa spavalderia? Che farebbe il presidente del consiglio, insisterebbe a far votare l'Italicum o si rassegnerebbe al Consultellum, preparandosi a votare con quello? Oppure abbandonerebbe definitivamente l'idea delle urne? E in Forza Italia che accadrebbe? Berlusconi continuerebbe sulla strada imboccata con il patto del Nazareno o liquiderebbe l'accordo cambiando rotta e dunque scommettendo su opposizione e voto? I nostri naturalmente sono semplici interrogativi, ma come abbiamo detto, pur essendo un test piccolo, quello di Emilia e Calabria potrebbe riservare qualche sorpresa e soprattutto qualche conseguenza. E per sapere chi ha ragione - se le voci o quelli che manifestano una spavalda sicurezza - basta attendere poco più di 24 ore. di Maurizio Belpietro [email protected]

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