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Italicum e Quirinale, lo scontro tra Pd e Forza Italia

Giulio Bucchi
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Prima si vota la legge elettorale, poi si elegge il successore di Giorgio Napolitano. È questa la tabella di marcia fissata da Matteo Renzi e attorno a cui, ieri, ha traballato il patto del Nazareno. Le colonne d'Ercole indicate dal premier sono il 7 o l'8 gennaio. Per quella data, ha detto incontrando i senatori del Pd, bisogna che l'Italicum arrivi nell'Aula del Senato. A questo punto senza aspettare il voto in commissione, così da superare l'ostacolo dei 17mila emendamenti presentati dalle opposizioni. E se in Aula venissero ripresentati? «A quel punto», si dice nel Pd, «tra contingentamento dei tempi e “canguro” (la tecnica di accorpare gli emendamenti simili) si troverà il modo di smaltirli». In questo modo, Renzi spera di approvare l'Italicum entro metà gennaio. Cioè prima che si comincino le votazioni per il successore di Napolitano. La precedenza ha ragioni precise: vuole evitare che la legge elettorale entri nella già complicata partita per il Colle, che diventi arma di ricatto. Il problema è che Forza Italia, per le stesse ragioni e per opposti obiettivi, fa il gioco contrario. Tanto che ieri alla Camera, durante la conferenza dei capigruppo, ha messo in chiaro che non intende votare la riforma costituzionale fino a quando non si sarà eletto il nuovo inquilino del Colle. E lo stesso vale per l'Italicum al Senato. La determinazione mattutina del premier si è così scontrata con la rivolta di Forza Italia, questa volta benedetta dal suo capo, Silvio Berlusconi. La risposta del Pd è arrivata nel pomeriggio: il calendario indicato da Renzi, si spiegava dal Nazareno, «è assolutamente stringente e urgente. Se Forza Italia o altri hanno intenzione di andare per le lunghe o fare melina, deve essere chiaro che il Partito democratico andrà avanti lo stesso per cambiare la legge elettorale, forte dei numeri e della determinazione riformatrice di cui l'Italia ha bisogno». Un'affermazione che se vale a Montecitorio, lo è meno al Senato, dove il Pd ha i numeri contati, perció ha bisogno eccome di Forza Italia. A meno che non arrivino in soccorso dei democratici i grillini o gli ex grillini. Dalle parti del premier si lascia balenare, appunto, questa ipotesi. Sia nel caso dell'Italicum, sia in quello dell'elezione del presidente della Repubblica. Tanto più che la pattuglia dei dissidenti del M5S, si dice, potrebbe continuare allargarsi nei prossimi giorni. Tra Camera e Senato ormai sono una ventina. Ieri Tommaso Currò è ufficialmente entrato nel Gruppo Misto alla Camera e potrebbero seguirlo altri nei prossimi giorni. Sarà decisivo capire come si comporteranno nella partita del Quirinale. «Dipenderà dalla valutazione che faranno sul loro futuro», spiega un deputato di esperienza. «Se immaginano di entrare in una formazione politica legata al governo, evidentemente saranno collaborativi con Renzi». Certo è che il premier in questi giorni ha fatto capire di guardare con attenzione a questa pattuglia. Anche se in queste mosse c'è molta tattica. Tra i fedelissimi di Renzi, infatti, nessuno mette in dubbio che l'accordo con Forza Italia resta ancora prioritario. Sia per le riforme, sia per l'elezione del prossimo presidente della Repubblica. Non a caso Renzi, sempre coi senatori, ha anche fatto alcune aperture agli azzurri, per esempio assicurando che non ci sarà alcuna norma transitoria sull'Italicum (ossia una clausola che fissi un sistema elettorale per il Senato nel caso di voto anticipato), proprio per rassicurare chi teme che punti alle elezioni. Anche se poi si è deciso di rinviare all'esame della commissione l'altra norma cruciale, quella dell'entrata in vigore della legge elettorale. Se il patto del Nazareno ieri zoppicava, raccontano siano migliorati, invece, i rapporti di Renzi con la minoranza bersaniana. Merito di Napolitano, che ha smantellato i propositi barricaderi degli oppositori interni del premier, ma anche di un nuovo clima di disgelo dovuto ad alcune mosse di Renzi. C'è chi dice si sia parlato con Bersani, assicurandogli che il candidato per il Quirinale verrà condiviso innanzitutto nel Pd. In ogni caso, ha già detto che prima della votaizone si farà una riunione generale. Rientra in questo nuovo clima anche il far emergere il nome di Pier Carlo Padoan come possibile candidato per il Colle. Sia lui o no, è un identikit, si dice, che corrisponde a un possibile candidato e che tiene insieme sia le esigenze di Renzi, sia quelle della minoranza. È una figura tecnica, di area di sinistra, leale al premier, ma non un renziano. Resta da vedere se può andar bene a Forza Italia. La giornata decisiva, in ogni caso, è venerdì, quando si riunirà la conferenza dei capigruppo al Senato per decidere il programma dei lavori alla ripresa, dopo l'Epifania. di Elisa Calessi

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