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La Camera indaga sulla notte in hotel della Boldrini

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Ignazio Stagno
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Tutti eravamo Charlie Hebdo. Poi qualcuno si è accorto di essere Laura Boldrini e ha deciso che della libertà di espressione se ne poteva fregare bellamente. E infatti la presidente della Camera - bisogna chiamarla così, perché dire «la presidentessa» è offensivo, almeno secondo le nuove regole grammaticali ispirate dalla Boldrini medesima e caldeggiate dall'Ordine dei giornalisti - si è subito data da fare. Ieri il Giornale ha riportato la notizia secondo cui la presidente della Camera avrebbe querelato Le Iene, poiché un inviato della trasmissione avrebbe cercato - pensate un po' - di farle una domanda. Le si è avvicinato a Montecitorio, ha chiesto qualcosa a madama Laura, lei non ha risposto e in men che non si dica sono intervenuti i commessi della Camera per bloccare e allontanare il disturbatore. Cioè uno che, fino a prova contraria, stava facendo il suo mestiere di giornalista. «La Presidente della Camera non ha querelato nessuno e, come ben sanno i giornalisti che quotidianamente si rivolgono a lei, è sempre disponibile a rispondere alle domande», si è affrettato a smentire l'ufficio stampa di Madama Laura. Se non ha sporto querela, non possiamo che essere contenti. Ma la verità è che per la Boldrini sfuggire alle domande dei cronisti è una specie di hobby: se Triton respingesse gli immigrati come lei respinge gli inviati, non avremmo alcun problema. Se le domande sono poste al limite della piaggeria e riguardano temi come i diritti delle donne, è possibile che la nostra si degni di replicare. Ma altrimenti scordatevi la disponibilità: chiedere a qualche giornalista televisivo per avere conferma. Però almeno una volta Laura Boldrini dovrà rispondere: precisamente il 26 febbraio alle ore 15. E non dovrà farlo a un signore con un microfono in mano, ma al Consiglio di Giurisdizione della Camera dei deputati. Quest'organo ha accolto un ricorso presentato dal Codacons, riguardante una vicenda che ha dell'incredibile. Il 7 dicembre 2013 la Boldrini avrebbe fatto prenotare dall'Ufficio del cerimoniale della presidenza della Camera una stanza nell'albergo Casa Pazzi di Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno. Si tratta di una dimora storica molto elegante. «Casa Pazzi, incastonata nelle mura difensive di Grottammare alta, uno dei Borghi più belli d'Italia, è un Palazzo Storico del XVIII secolo trasformato dall'interior designer Roberto Pazzi in una dimora per vacanze di charme», spiega il sito della struttura. La Boldrini si sarebbe recata lì «insieme al compagno e un'altra coppia di amici, per assistere alla presentazione della mostra pittorica Coordinate Celesti del fratello Andrea Boldrini». Alla fine della visita, «di natura chiaramente privata, il presidente della Camera avrebbe invitato i gestori del lussuoso albergo ad inviare la fattura per il pernottamento direttamente all'Ufficio del cerimoniale della Camera dei deputati, come di fatto sarebbe avvenuto. In seguito, la somma utilizzata sarebbe stata rimborsata in contanti dal presidente della Camera, in data 16 dicembre 2013». Insomma, la Boldrini si sarebbe presa un giorno di vacanza per vedere la mostra di suo fratello, facendosi anticipare i soldi dalla Camera - per la precisione 150 euro - che avrebbe poi reso in contanti (niente male, in un Paese in cui molti vorrebbero abolirli) qualche tempo dopo. «La stessa avvocatura della Camera», dice a Libero l'avvocato Carlo Rienzi del Codacons, «ha sostenuto che una cosa del genere non si può fare, non ha detto però che la presidente non l'ha fatta». A intervenire per smentire è stato ancora il portavoce della Boldrini: «Non vi è stato alcun utilizzo di soldi pubblici, neanche in forma di anticipo», ha detto. Bene, ma allora, come fa giustamente notare il Codacons, non è chiaro il motivo per cui «sia stato eretto un muro contro la legittima richiesta dei cittadini di visionare la relativa documentazione. Basterebbe che il presidente della Camera o il direttore dell'hotel esibissero la fattura di quel pernottamento per essere tutti sereni e tranquilli». Già: se davvero non si è fatta anticipare i soldi della gita, perché la Boldrini non ha voluto finora esibire le ricevute e ha dovuto aspettare l'intervento del Consiglio di giurisdizione della Camera? Forse in virtù della sua nota disponibilità? Eppure, a quanto ci risulta, la presidente ha sempre difeso con decisione il diritto della popolazione a essere informata. Pensate che, subito dopo la strage a Charlie Hebdo ha dichiarato con grande commozione: «È indispensabile che tutti gli Stati europei sappiano far sentire la fermezza con cui difenderanno le libertà fondamentali delle nostre società, in primo luogo quella di informare e di esprimersi». Visto come si comporta quando tocca a lei dare informazioni, tra le grandi conquiste dell'Occidente avrebbe potuto includere il «diritto di rimanere in silenzio», come nei polizieschi americani. Ma, di nuovo, non c'è da stupirsi. La Boldrini è solita esibirsi in proclami altisonanti come questo del 3 maggio: «Considero la libertà di espressione un valore assoluto». Già. Infatti tempo fa se l'è presa con l'imitazione che Virginia Raffaele fece di Maria Elena Boschi a Ballarò, poiché la considerava «sessista». È così attenta alla libertà d'espressione, la Boldrini, che le piacerebbe cancellare tutte le pubblicità che mostrano donne intente a occuparsi della propria famiglia: «Non può essere concepito normale uno spot in cui i bambini e il papà sono seduti e la mamma serve a tavola», ha tuonato in più occasioni. Per non parlare delle limitazioni che le sarebbe piaciuto mettere al web per arginare gli insulti. Un'idea condivisibile, poiché la libertà d'offesa è un po' diversa dalla libertà d'espressione. Peccato che la presidente se ne sia accorta solo quando gli insulti sono toccati a lei, non prima. La storia delle vacanze è solo l'ultimo episodio. Se non ha fatto niente di male, le basterebbe mostrare scontrini e fatture di Casa Pazzi, e rispondere educatamente alle domande. Dopo tutto, libertà e informazione mica sono brutte parole. Sono pure femminili, meglio di così… di Francesco Borgonovo

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