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Matteo Renzi terrorizzato da Mario Draghi: mister Bce è l'unico uomo che può far crollare il governo (premendo un pulsante...)

Andrea Tempestini
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Proclama, promesse, riforme, cifre. Ottimismo. L'ottimismo di Matteo Renzi. Ma anche il premier ha una grande preoccupazione. No, non si tratta della minoranza del Pd che gli fa la guerra (o meglio, non solo). La sua preoccupazione, nonostante i "buoni rapporti" di facciata, ha un nome e un cognome. Il nome e il cognome dell'uomo, insieme ad Angela Merkel, più potente d'europa: Mario Draghi. Già, che farà Mario Draghi? E' la domanda che si pone il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, in un editoriale che si interroga su quale possa essere il futuro dell'esecutivo. E se le riforme poi non funzionassero? E se il Paese non crescesse al ritmo minimo che mister Bce ritiene inderogabile? Qui Pil - Le cifre, in verità, non autorizzano gli ottimismi dell'uomo da Rignano sull'Arno. Per Renzi l'Italia crescerà di due punti di Pil nei prossimi due anni, ma la verità è che l'1,6% di questa crescita stimata è diretta conseguenza del quantitative easing, la "siringata" di liquidità sui mercati europei orchestrata dal dominus Draghi. E se a quel 2%, poi, non si arrivasse? Se le aspettative della Bce non venissero rispettate, come potrebbe proseguire il suo percorso a Palazzo Chigi, mister Renzi? Draghi, è noto, è persona diretta, concreta, che si farebbe ben pochi scrupoli a bocciare l'Italia nel caso in cui il piano-Renzi non funzionasse. E a ben vedere dal super-Mario nazionale una stroncatura a Matteo, nel Rapporto annuale sul 2014 della Bce, è già arrivata: Draghi definì "piuttosto deludente" l'azione riformista dell'esecutivo tricolore. "Una parola di Draghi..." - E poiché, come ricorda Cerasa, "una parola di Draghi può essere all'occorrenza benzina per i motori del governo", la stessa parola può anche essere "una mazza ferrata da consegnare agilmente agli oppositori del presidente del Consiglio di turno" (si pensi, per esempio, all'effetto che ebbero le valutazioni della Bce pre-Draghi nel 2011, quando fu de facto praticata l'eutanasia - a colpi di spread - al governo Berlusconi). Le preoccupazioni, insomma, per Renzi esistono. Esistono eccome, nonostante la (presunta) armonia con mister Draghi. Ed è a questo punto del discorso che le preoccupazioni del premier sul fronte-Draghi si legano a doppio filo alle preoccupazioni che gli crea la minoranza del Pd, quella minoranza che ha due esponenti di spicco: Romano Prodi ed Enrico Letta. Putacaso entrambi molto vicini a mister Draghi, entrambi con solide radici nel tessuto delle istituzioni europee. Il Pdar - Cerasa ribattezza Pdar (Partito dell'alternativa al renzismo) il "correntone" di Prodi e Letta. Poi il direttore de Il Foglio spiega che se un domani le cose, per Renzi, non andassero bene, il neonato Pdar potrebbe anche riuscire ad attivare, proprio grazie a Draghi, il "pulsante finish dell'entusiasmo renziano". Certo, per ora si tratta soltanto di ipotesi, di voci, di sospetti. Ma un giorno, Renzi, i conti li dovrà pur fare. Non tanto con il Parlamento, ma piuttosto - e qui si torna al principio - con Draghi, con l'uomo più potente - e influente - d'Europa. Emblematica e sibillina la chiusa dell'editoriale di Cerasa: "Il capo del governo e il capo della Bce sono due uomini soli al comando. Ma, incidentalmente, uno tra i due comanda più dell'altro e di quell'uno diciamo che il fiorentino è una lingua che non conosce". Chiaro, no?

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