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Intervista-Gelmini, ritorno con furore: la clamorosa profezia dell'ex ministro

Andrea Tempestini
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«A Milano come a Roma ci sono vere e proprie zone franche dove non esiste legalità. Parlo delle periferie, ma non solo. Nella capitale ci sono Centocelle, Torpignattara, qui abbiamo Via Gola, Via Lattanzio, Piazza Selinunte. Palazzi abbandonati vengono occupati da tossici e criminali, i cittadini hanno paura. Non trovano risposte dalle istituzioni. Il governo aveva mandato trecento uomini in più per l'Expo, poi sono stati dislocati a Roma per il Giubileo. Ma qui ci vuole l'esercito. Tutto l'anno». Mariastella Gelmini è candidata a Milano come capolista di Forza Italia. «Ho messo scarpe comode», dice, «e giro per le periferie. In generale, troviamo soprattutto persone che chiedono risposte ai propri problemi. In primis, c'è la sicurezza. Tema su cui la sinistra non ha fatto niente in questi anni. Non vogliamo alimentare paure, ma dare risposte dopo anni di inerzia». Tutta colpa di Pisapia? «È colpa della cultura che incarna. Il politicamente corretto. Quella idea di voler accogliere tutti, anche coloro che non hanno alcuna voglia di integrarsi e che non hanno diritto». C'è una “Molenbeek” anche a Milano? «A viale Jenner sono transitati terroristi noti agli investigatori internazionali. A Roma ci sono decine di moschee abusive, nei garage. Tutto ciò mentre la Consulta ha in parte respinto una legge regionale della Lombardia sui luoghi di culto». La legge “anti-moschee”. «Non è anti-moschee, semplicemente stabilisce delle regole. Alcune sacrosante, come l'obbligatorietà dei sermoni in italiano. I casi di Parigi e Bruxelles sono sotto gli occhi di tutti. Bisogna evitare che luoghi di preghiera diventino palestre di odio e fondamentalismo. Molti profughi o presunti tali sono di religione musulmana. Il problema nei prossimi mesi non farà che aggravarsi, per cui io ribadisco con forza la nostra posizione: è giusto accogliere chi fugge da una guerra, ma non possiamo dare ospitalità a tutti. E soprattutto: chi viene in Italia deve rispettare le nostre leggi e la nostra cultura». Intanto i profughi vengono sistemati nell'ex area base dell'Expo. «È una follia. Una scelta scellerata. L'area dell'Expo è destinata a diventare un polo di avanguardia per la ricerca e l'innovazione. È un luogo simbolo della capacità di Milano di costruire il futuro. E la prefettura cosa fa? Lo trasforma in un campo profughi. Per fortuna si sono ravveduti e hanno risolto la questione. Ma bastava il buonsenso. Fatico a pensare che Pisapia e (sopratutto) Sala non fossero al corrente, per i rispettivi ruoli, della decisione del prefetto». Parliamo del centrodestra. Milano è un'oasi felice. Altrove regna il caos. «Non è proprio così. Mi rendo conto che la spaccatura di Roma faccia più notizia di tutti gli accordi raggiunti nel centrodestra in giro per l'Italia. Ma sono tanti, glielo assicuro. Siamo uniti nella stragrande maggioranza dei comuni». Roma è un incidente di percorso? «Esatto. Molto grave ma, insieme a Torino, rimangono due fatti isolati». C'è ancora tempo per presentare le liste. Sono possibili ripensamenti? «Il centrodestra diviso è un grande favore fatto a Renzi. Salvini e Meloni comprendano che devono farsi carico dell'unità della coalizione. Loro come noi». Lei guida la lista dei candidati di Forza Italia al comune di Milano. È stato Berlusconi a chiederle un impegno diretto? «Il capolista a Milano è sempre stato il Presidente. Avrebbe avuto tutto il diritto di esserlo anche questa volta». Ma a causa della legge Severino non può candidarsi... «...e ha chiesto a me di farlo. E ne sono onorata perché amo Milano, è casa mia. Io ho raccolto la sfida per due motivi: anzitutto perché credo molto nella candidatura di Stefano Parisi, poi perché fare politica significa mettersi al servizio e io lo faccio volentieri se possiamo dare un segnale anche a questo governo di sole chiacchiere». Sala era partito fortissimo. Ora però i sondaggi gli attribuiscono meno margine. «Questo perché Berlusconi ha azzeccato la scelta del candidato. Stefano Parisi è un uomo del “fare”, sa attrarre consensi e in poco tempo ha ribaltato una situazione inizialmente a noi sfavorevole». A Milano, nella sua formazione tradizionale, il centrodestra sembra in ripartenza. A Roma, diviso tra moderati e lepenisti, appare al capolinea. Dov'è la verità? «A Milano, senza dubbio». Allora è Bertolaso il problema? «Non credo, anzi. La candidatura dell'ex commissario della Protezione Civile è una grande opportunità e se non sbaglio era stato condiviso anche dagli altri. Con tutto il rispetto per Giorgia Meloni, che è un leader politico, io credo che Guido Bertolaso sia il candidato più attrezzato per affrontare e risolvere le emergenze di Roma». L'ipotesi di una staffetta Bertolaso-Marchini? «È stata già smentita dal diretto interessato». intervista di Salvatore Dama

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