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Il piano di Bersani: andare al voto con Silvio in carcere

Lucia Esposito
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  Mai come in questo momento, la situazione giudiziaria di Silvio Berlusconi s'intreccia con quella politica. Gli avversari del Cav lo sanno bene e assistono al procedere spedito di una giustizia notoriamente lumaca. Pier Luigi Bersani, vincitore perdente delle elezioni di fine febbraio, si ostina a chiudere al Pdl, insiste con Grillo andando a sbattere ripetutamente contro le porte chiuse, un muro di pietra che, almeno finora, stando alle dichiarazioni di Beppe, sembra insormontabile. Si spera in una giustizia-razzo che arrivi a condannare Silvio Berlusconi entro l'anno e renderlo così ineleggibile. Il processo Mediaset (l'accusa è di frode fiscale) è già arrivato in appello (in primo grado il Cavaliere) è stato condannato a 4 anni di carcere più l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici.  Il piano politico Ed è proprio questa parte della richiesta di condanna a far sorgere il sospetto sulla fretta delle toghe di arrivare a sentenza entro il 23 marzo (“sarà una condanna sicura”, ha detto il difensore Niccolò Ghedini). Il reato per il caso Mediaset si prescrive a metà luglio del 2014, quindi in rischio di non andare a verdetto in tempo utile non c'è. Ma c'è la possibilità se la Cassazione dovesse confermare una (quasi certa) condanna del Cavaliere di renderlo non più candidabile. Il tutto entro la fine di quest'anno. E qui si torna sul piano politico. Bersani che insiste per un governo di scopo, un governo che duri il tempo necessario per fare qualche riforma (ed eliminare attraverso la via giudiziaria anziché quella delle urne) Silvio Berlusconi. Insomma il giaguaro smacchiato dalle toghe. E così il Pd andrebbe alle urne senza rivali.   

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