Cerca
Logo
Cerca
+

Silvio, Salvini e Meloni bevono il caffè della pace: per fortuna c'è Sgarbi

Giovanni Ruggiero
  • a
  • a
  • a

La campagna elettorale siciliana finisce all' insegna delle esagerazioni: il Pd è addirittura sfacciato nell' abbandonare al proprio destino il candidato governatore Fabrizio Micari (evidentemente, Renzi lo dà per spacciato e ha preferito volare negli Usa da Obama) mentre il centrodestra ha schierato tutti i big. A Catania. Tre comizi in posti e orari differenti. La Meloni, poi Berlusconi e quindi Salvini. Una esibizione muscolare che, al di là della spinta a Nello Musumeci, ha evidenziato un derby asprissimo all' interno della coalizione. Ieri, s' è aggiunto lo psicodramma della cena. I capi di Forza Italia, Lega e Fdi avevano spiegato di non riuscire a organizzare un unico comizio, opzione che fino a qualche giorno fa era invece concreta, annunciando un vertice riparatore davanti a una pasta alla Norma. Ma hanno bisticciato perfino su quella. Un meeting a tavola avrebbe chiuso ogni polemica. E invece, per tutto il giorno si sono ricorse indiscrezioni e smentite. Con l' ex premier e la Meloni alla Trattoria del Cavaliere, prenotata per le 20,45, mentre Salvini ha confermato alla Sicilia in bocca. Distanza: circa 700 metri. Silvio e Giorgia non avevano intenzione di raggiungere l' alleato (che peraltro corre con una lista comune con Fdi) mentre il segretario del Carroccio immaginava di afferrare coltello e forchetta non prima delle 22, ma soprattutto preferiva mantenersi a distanza da alcuni azzurri. A partire da Gianfranco Miccichè, protagonista di un continuo corpo a corpo - via agenzie di stampa - col successore di Bossi. I due si sono punzecchiati addirittura per il look: l' azzurro ha bocciato la barba dell' europarlamentare, il quale ha replicato con un sorriso gelido: «Anche lui non mi piace, esteticamente». È finita con Salvini che ha fatto capolino nel ristorante degli alleati, in tempo per il caffè e per le foto di rito. Pensare che, un paio d' ore prima, l' ex premier immaginava di cenare con gli alleati «per parlare del futuro governo». Non è andata così, ma ci hanno messo una pezza. Che il clima fosse frizzante, lo si era intuito già di buon mattino. Il leghista aveva stuzzicato Berlusconi sui candidati «impresentabili» in un' intervista a RadioCapital. Poi, botta e risposta a distanza sul futuro governo nazionale. Con Silvio che snocciola i numeri dei ministri («dodici saranno della società civile»), Salvini che invita a non fare nomi, e Silvio che ribatte «non ne ho fatti». Su una cosa c' è accordo completo, ovvero l' attacco ai grillini. Se l' ex premier ha definito fuori di testa chi pensa di votarli,  Salvini ha graffiato i pentastellati: «Sono incapaci di governare». E ieri il M5S s' è ritrovato con una rogna in casa: un candidato consigliere con una condanna alle spalle. Luigi Di Maio e l' aspirante governatore Giancarlo Cancelleri l' hanno messo alla porta: «Ci ha mentito», ma nemmeno questa notizia ha azzerato i malumori del centrodestra. Che vede nei 5 Stelle l' unico ostacolo sulla strada che conduce alla conquista di Palermo. La Meloni, da piazza Stesicoro, ha attaccato la sinistra sullo ius soli invocando un «centrodestra unito, qui in Sicilia e poi alle Politiche», con lo slogan «prima gli italiani». Berlusconi sparge ottimismo poco dopo. Resta, sullo sfondo, un filo di maretta anche tra il capo azzurro e Musumeci, che il Cavaliere ha accusato d' essere stato troppo morbido negli ultimi giorni di campagna. Gli spifferi raccontano che Berlusconi abbia deciso di piombare a Catania, dopo il blitz di mercoledì a Palermo, proprio per andare a caccia dei consensi che teme siano evaporati. Anche per qualche tensione sui candidati «impresentabili»: «se non vi piacciono non votateli» ha tagliato corto il Cav. Che poi ha promesso «un piano Marshall per la Sicilia» con «casinò a Taormina, infrastrutture e il ponte sullo Stretto». Fatti due conti, il leader azzurro immagina «2, 3, 4 miliardi all' anno» per rilanciare l' isola. Un approccio ben diverso da quello di Salvini, che ha aperto il comizio etneo giurando «non voglio fare promesse». Ma, quando gli chiedono del casinò a Taormina, approva. E ricorda di voler legalizzare la prostituzione. L' uragano Silvio in quel di Catania ha agitato i rapporti con la Lega, che da tempo aveva annunciato di chiudere la campagna nel capoluogo etneo. E che ha vissuto l' iniziativa del Cavaliere come una invasione di campo. Uno sgarbo. Reso ancora più doloroso per gli scambi di carinerie tra Forza Italia e la Meloni, che nonostante il matrimonio elettorale con Salvini ha preferito parlare con Silvio anziché con Matteo. Collante tra i tre, Vittorio Sgarbi: è l' assessore regionale alla cultura in pectore. Nessuno, cena o non cena, osa metterlo in discussione. Il caffè finale, con Salvini che s' è presentato dagli alleati, ha arginato i mal di pancia. dall'inviato a Catania Matteo Pandini

Dai blog