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Elezioni, Mattarella ha deciso: "Nessun rinvio, al voto il 4 marzo. Esclusi governi tecnici"

Benedetta Vitetta
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Ogni leader di partito ha già fissato sul calendario la "sua" data ideale per recarsi alle urne. Se Berlusconi non ha alcuna fretta e resta in attesa della sentenza di Strasburgo, Matteo Renzi, invece, da tempo smania per andare a votare al più presto. Se dipendesse da lui saremmo tornati alle urne già la scorsa primavera. Ma la decisione, come si sa, non spetta ai partiti. Il potere di sciogliere le Camere e mandare tutti a casa appartiene al presidente della Repubblica. "Secondo quanto filtra dal Colle" scrive oggi La Stampa, "l'orientamento di Sergio Mattarella sarebbe di tornare al voto il 4 oppure l'11 marzo, più la prima delle due domeniche. Non risultano volontà di rinvio, solo conferme che il gong sta per suonare". Votando all'inizio di marzo, il capo dello Stato avrebbe qualche settimana di tempo per consultare i partiti, dare un incarico e poi - casomai l'incaricato fallisse - ritentare con qualcun altro. In pratica potrebbe verificare se nel nuovo Parlamento ci sia una maggioranza possibile. E qualora non ci fosse, muovendosi in fretta resterebbe comunque aperta una finestrella per eventuali nuove elezioni prima dell'estate, ad esempio domenica 24 giugno. Potrebbe sembrare una pazzia: "mai è accaduto in Italia di votare due volte a stretto giro" spiega il retroscena de La Stampa, "ma talvolta la realtà batte l'immaginazione, e del resto gli spagnoli hanno appena concesso il bis, prima di convergere faticosamente sul governo Rajoy". E l'Italia, complice il Rosatellum, potrebbe ritrovarsi nella stessa precaria condizione della Spagna. "Ai frequentatori del Colle l'eventualità, sia pure teorica, è ben presente" sottolinea l'articolo del quotidiano torinese, "lassù nessuno si augura uno scenario di caos. Il primo a non desiderarlo è Mattarella. Nei suoi panni di arbitro della crisi, l'ideale sarebbe che emergessero una maggioranza e un premier la sera stessa delle elezioni. O che nei giorni successivi, perlomeno, i partiti si accordassero tra loro, in modo da non lasciare il Paese senza governo. Ma chi ritiene, o si illude,  che l'attuale inquilino del Quirinale ci metterà comunque una pezza, e pur di guadagnare tempo darà vita a governi 'del Presidente', 'tecnici', 'balneari', 'purchessia' o 'allo sbando' esponendosi all'accusa di voler negare la voce al popolo, quel qualcuno è fuori strada". Secondo quanto trapela da chi è solito frequentare il Quirinale, Mattarella stavolta non ha la minima intenzione di surrogare i partiti. Saranno i partito, loro soltanto, i protagonisti dei rispettivi destini. Toccherà ai leader assumersi la responsabilità di fare accordi, accettando i compromessi necessari, oppure di riportare l'Italia alle urne. E in entrambi i casi, lo scenario di un Silvio Berlusconi di nuovo al governo da leader (se non da premier), è a oggi forse il più probabile.

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