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Il prossimo governo? Perché il 25 marzo è una data decisiva per il futuro dell'Italia: lo scenario

Andrea Tempestini
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Come ampiamente previsto, dopo il voto del 4 marzo l'Italia è piombata in un sostanziale caos. La ragione? Ogni governo è impossibile. Lo dimostra la distribuzione dei seggi. Si parte dal Senato, dove la maggioranza assoluta è fissata a 158 unità. Totalmente impossibile un'alleanza Pd-Forza Italia: 48 i seggi del Pd, 51 quelli di Forza Italia. La somma fa 99. In mera linea teorica i numeri per un patto tra M5s e Pd ci sarebbero anche, magari con Liberi e Uguali a fare da spalla: 48 i seggi Pd, 112 quelli del Movimento 5 Stelle, 8 quelli di Liberi e Uguali: la somma fa 168. Maggioranza, seppur risicata. Matteo Renzi, però, nel discorso in cui ha annunciato le dimissioni da segretario Pd ha escluso ogni intesa col M5s. E non ha caso, ha annunciato che le dimissioni saranno effettive soltanto dopo la formazione del nuovo governo, così da evitare ogni accordo (che, al contrario, la minoranza Pd potrebbe voler cercare). Per la Camera, vi è poi un'ultima opzione: un governo a trazione anti-europeista: la Lega avrebbe 57 seggi, Fratelli d'Italia 16. Sommati ai 112 dei grillini il risultato è 185 (la Meloni ha escluso ogni alleanza coi grillini, ma i numeri ci sarebbero lo stesso). Leggi anche: Così cambia il Parlamento: la fotografia della nuova Italia Dunque spostiamoci alla Camera, dove la maggioranza assoluta è a quota 316 seggi. E ancora, si riparte dall'ipotesi di larghe intese bis tra Pd e Forza Italia. Impossibili: ai 94 seggi forzisti si sommano i 135 del Pd e il risultato è 229. Assolutamente lontano dalla soglia. E l'ipotetica coalizione M5S-sinistra? I pentastellati sono a quota 226, sommati ai 135 del Pd e ai 16 di Leu il risultato è 377. Dunque quello che abbiamo ribattezzato il governo anti-europeista: 123 leghisti, sommati ai 28 di Fratelli d'Italia e ai 226 dei pentastellati, danno 377. Soluzione praticabile pur senza la Meloni. Certo, sulla carta esiste un'intesa possibile: quella tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, tra Lega e M5s. Eppure, il segretario del Carroccio ha detto chiaro e tondo che non farà alleanze coi pentastellati (e, nel caso in cui le facesse, diversi esponenti del Carroccio potrebbero non sostenerla, a partire dall'ala maroniana). Il rebus pare irrisolvibile, ma le strade della politica, è arcinoto, sono davvero imprevedibili. Sul tappeto, anche l'idea di un improbabile governo di unità nazionale. Oppure un governo di scopo con l'unico obiettivo di scrivere una nuova legge elettorale. Ci sono però all'orizzonte alcune giornate che potrebbero rivelarsi decisive per la formazione di un nuovo governo. La prima è il 23 marzo, quando le nuove Camere eleggeranno i presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama. Una convergenza su un nome potrebbe essere preludio a un governo. Quelli possibili, come detto, sono soltanto quelli M5s-sinistra e M5s-Lega. Ma non è tutto. Anche il 25 marzo è una data importante: è il termine ultimo per i parlamentari per comunicare il gruppo di appartenenza. E, si sussurra, alcuni eletti - non soltanto i grillini espulsi per rimborsopoli - potrebbero subito cambiare casacca per sostenere un governo. Insomma, il 25 marzo potrebbe davvero essere la giornata decisiva per comprendere il futuro di questo Paese. E subito dopo, a strettissimo giro di posta, inizieranno le consultazioni di Sergio Mattarella al Quirinale...

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