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Luigi Di Maio, la grana del M5s: i nove espulsi sono già sul mercato

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Giulio Bucchi
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Una sfilata di paradossi viventi al potere. Andrea Cecconi da Pesaro era tornato dall' autoesilio messicano soffocato dai sensi di colpa, ma coperto dai voti (emblema della forza delle idee, anche se non sono più le sue, in latitanza ha distrutto, nel confronto diretto Marco Minniti). Maurizio Buccarella, avvocato da Lecce, s' era cosparso il capo di cenere; ma vabbè, sbagliare è umano, qualche cazzatella può scappare a tutti e comunque non è il caso di parlare di «dimissioni, poiché nella mia circoscrizione non ci sarebbero sostituti che potrebbero subentrare al mio posto perchè già tutti eletti nel listino proporzionale» (dichiara sbrigativo al Corriere della sera). L' immarcescibile Catello Vitiello si è sì rammaricato, in ginocchio su ceci penitenziali; ma, avendo egli ottenuto il 46% dei voti nel collegio uninominale di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, ha già dichiarato di fottersene altamente dell' etica pre e postelettorale: «...poi si vedrà). Candidati-spettro - Strano il destino delle frattaglie morali dei Cinque Stelle. Li chiamano le ombre diafane del Movimento, gli impresentabili, i reietti del voto, i candidati-spettro che non trovano pace (ma che hanno trovato seggi). Sono i furbetti del rimborsi farlocchi, i «massoni» taciti, gli indagati scoperti a liste chiuse già consegnate al Viminale ed espulsi dal Movimento prima ancora di entrare in Parlamento. Sono in nove, una pattuglia folta e pericolosa, considerando il fatto che a Di Maio mancano 89 deputati e 47 senatori per raggiungere una maggioranza di governo, e quindi ogni seggio disperso diventa merce preziosa e, al contempo, peccato mortale. Mentre Di Maio cerca d' imbrancare i Pd delusi, direttamente o in un inedito appoggio esterno, per trovare la maggioranza i untori finiti nella valanga della vittoria grillina non solo non hanno rinunciato al seggio, ma hanno optato direttamente per l' iscrizione al Gruppo Misto. Che signifa un comodo osservatorio da dove lorsignori potranno convenientemente gestire le sirene degli altri partiti. Svettano, tra i reietti Antonio Tasso, il candidato espulso per un vecchio caso di cd taroccati; il controverso Emanuele Dessì, ballerino con l' usuraio del clan Spada e poi accusato per la casa popolare pagata a un canone mensile di 7 euro; il presidente del Potenza Calcio Salvatore Caiata, fatto fuori perché indagato con l' accusa di riciclaggio alla faccia dell' onestà, più qualche altro che merita minore menzione. Trattasi d' un mucchio selvaggio visibilmente costernato con chi l' ha fatto eleggere, ma tenacemente attaccato alla cadrega appena conquistata (e senza vincoli, e senza dover versare metà dei 15mila euro di stipendi al partito). Cosa fare di loro? Probabilmente si renderanno disponibili allo «scouting» berlusconiano, prevede Brunetta. Sicchè il padre di Alessandro Di Battista, Vittorio, suggerisce al premier pentastellato in pectore «il perdono. Sii generoso...»; considerando che un seggio in più, di 'sti tempi val bene un rimborsino o un grembiulino massonico. La caccia -o la cacciata- al «franco traditore», insomma sarà inserita nell' agenda di Giggino, dopo che oggi salirà al Quirinale per la prima volta, in occasione della Festa della donna (e si è anche sentito con Gentiloni in merito alla proroga di un anno dei vertici dei Servizi) . Voci da Bruxelles - Giggino, intanto, nell' attendismo strategico («Noi siamo aperti a tutti, ma sono gli altri a dover venire da noi») aspetta che la Lega si ingarbugli -forse- e che Renzi si disintegri da solo. Non c' è fretta. Intanto il M5S incassa le aperture di Bruxelles. A parlare di «antisistema», la Commissione europea guidata da Jean Claude Juncker non vedrebbe bene un governo guidato da Matteo Salvini per «le posizioni xenofobe e l' elogio della "democrazia illiberale" all' ungherese»; però,dato che il Movimento quelle posizioni non le ha mai assunte, be', con i pentastellati in Europa, ci si potrebbe anche ragionare. Lo stesso atteggiamento di pacato approccio con gli ex «barbari d' Europa» stanno cominciano ad averlo i grandi giornaloni a cominciare dal Guardian. Epperò rimane in piedi il dilemma fondamentale: riuscirà il nostro eroe Di Maio a blandire un Pd de-renzizzato? Il ministro Calenda neo iscritto al partito scarta, come Renzi, anche solo l' ipotesi. Idem per la la minoranza Pd di Andrea Romano (lo scrive su Facebook) , o per Piero Fassino. Il sentiero è lungo e stretto, con o senza impresentabili... di Francesco Specchia

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