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Silvio Berlusconi, di chi è la colpa della sconfitta peggiore di sempre

Matteo Legnani
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Se fossimo in America, coi medesimi risultati usciti da noi il 4 marzo, la corsa sarebbe chiusa e l' alloro cingerebbe una fronte sola: quella di Matteo Salvini, emerso dalle urne come capo del centrodestra (37,4 per cento). Se fossimo in Francia ci sarebbe il ballottaggio tra il leader del Carroccio e il candidato dei Cinque Stelle (32,4 per cento), Luigi Di Maio. Siccome siamo in Italia, è un casino. I funambolismi bizantini cui ci tocca assistere ascoltando il tg o i talk-show, o leggendo i retroscena dei bene informati, sono affascinanti quanto la corsa del criceto nella ruota. Ma illustrano una verità funeraria: più dei due vincenti (troppa grazia a sant' Antonio), contano i due perdenti. Vediamo. Il Partito democratico è perdentissimo, una roba che di più non si può, è stecchito proprio. Passare dal 41,6 per cento a neppure il 19 in tre anni, è un evento mortale per qualunque organismo vivente che abbia perduto la metà del suo sangue. Pertanto il Pd non è mai stato drammaticamente sul gobbo di tutti proprio adesso che è morto. Viene tirato di qui e di là come un relitto dove alcuni fantasmi ammutinati si contendono il timone del Bounty. Risultato: il drago rosso sbudellato ondeggia tra la volontà di vendersi bene e quella di resistere da morto nel proprio loculo, indisponibile per qualunque mercante di organi. Impedendo qualsiasi manovra ai navigli dei grillini o del centrodestra salvinizzato (e conseguentemente deberlusconizzato). La base dem e quella M5S - Un dato colpisce, ma basta girare nei bar per capire. La base che fu del Pd, o magari l' ha persino votato, subisce l' effetto di attrazione del vincente, dove tanti compagni sono già approdati: il M5S. La Stampa rivela però un sondaggio nelle mani dei capi grillini da cui risulta che i loro sostenitori preferirebbero di gran lunga accordarsi con la Lega. Risultato: un rebelot. A sua volta c' è un altro rottame che ha (quasi) vinto che vuol convincere il Pd ad accettare le sue lusinghe e a mettersi con la Lega. Stiamo parlando di Forza Italia, la quale è - diciamo così - diversamente vincente, e sarebbe perfetta per le Paralimpiadi invernali della politica, ma le tocca gareggiare nel torneo interno con una Lega ipervitaminizzata. Forza Italia si mette il fard per nascondere il pallore, dice di aver vinto, ma è una pia frode cui non credono neppure le pie donne che una volta si strappavano i capelli come fan dei Duran Duran vedendo arrivare l' elicottero di Silvio. Conoscendo Berlusconi la vive come la sconfitta peggiore dai tempi della discesa in campo. Perdere da Prodi è un conto, e si possono accusare le frodi dei comunisti. Ma andare sotto Salvini è grama. I venti spirano forte da un' altra parte, e lui acchiappa farfalle. Soprattutto è maturata in lui la convinzione di aver allevato un nido di serpenti in casa propria. Ma chi ha voluto quei serpenti, li ha nutriti, dando loro in pasto quelli che i Ghedini e i Romani e le Ronzulli indicavano come traditori? Lui se li è scelti. Ora di fatto ha consegnato contro la sua volontà il proprio patrimonio a Salvini, e basta sentire le radio dove i leghisti parlano in libertà per capire che sono quasi più contenti di aver umiliato Berlusconi che Renzi. E si sentono parenti di Grillo più che dei moderati azzurri. Leggi anche: Vittorio feltri, l'avvertimento a Matteo Salvini: chi lo vuole fregare I consiglieri più disastrosi della storia della Brianza, cercano di giustificare con il loro «Dottore» la mala parata, come ha fatto Paolo Romani la notte delle elezioni a Porta a porta, sostenendo che per l' età di Silvio così è già un successone. Gli hanno nascosto i sondaggi che si sapevano negativi. L' hanno fatto esibire, cento mille volte, consumandone lo spirito guascone imponendogli la lettura di fogli polverosi, con interviste per iscritto sui quotidiani, dove dominava la fiera dell' ovvio. L' hanno consegnato (parola di Romani) al «giovane pieno di energia», il Matteo da Milano. In realtà è vero che Silvio è stato imbottigliato nell' acquario della tivù, con interviste a catinelle come piovesse brodo, tutte uguali, ripetendo «flat tax, flat tax», che a un certo punto pareva la cantilena famosa di ammazza-la-vecchia-col-flit-o-il-flat. Invece di fare la rock star che scende in elicottero sulle masse, ha accettato l' imbalsamazione da parte di quella cerchia che gli ha impedito ogni contatto al di fuori di quelli da loro predeterminati per adagiarlo come prossima salma nel mausoleo di Arcore. Intese larghissima -  Cercare di convincere il Pd a sostenere un governo di centrodestra è un' operazione che Salvini non accetterà, specie se la richiesta sarà di trovarsi un sostituto: non è il tipo. E allora? Da qualche parte filtra questa idea. Non intese larghe ma larghissime. Così che si risolva il problema del morto principale che ingombra il campo, quel Pd che tutti vogliono, ma che può contagiare con la lebbra dell' impopolarità chiunque che lo trascini in casa sua. Meglio lasciarlo lì. Ed ecco l' idea mica male. Fatto salvo che il centrodestra ha vinto un po' più dei Cinque Stelle, ma non abbastanza, si tratterebbe di accordarsi tra le due delegazioni su qualche punto forte. A questo punto Salvini potrebbe essere il presidente del Senato, e Di Maio quello Camera. Con l' onere per Sergio Mattarella di trovare un premier che sappia tenere le redini di destrieri non proprio propensi alla docilità. Escluderemmo un magistrato: piuttosto Berlusconi, anche se politicamente è morto, si farebbe ammazzare per la seconda volta. di Renato Farina

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