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Laura Boldrini umiliata da Liberi e Uguali: eletta nel partito più maschilista di tutto il Parlamento

Andrea Tempestini
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Tra i molti cadaveri politici lasciati sul selciato dal risultato elettorale, rischia di passare inosservata una vittima eccellente, troppo eccellente. Sarebbe un silenzio ingeneroso, perché stiamo parlando di una corrente del costume, prima ancora che della politica, che ci ha allietato a tutte le ore, su tutti i canali, in tutti i convegni, da tutti i pulpiti qualificati del Paese, quelli che ancora una volta non avevano capito un'acca degli umori degli italiani, per capirci. E allora ci premuriamo noi di ricordarlo: si celebrano oggi (anche) i funerali del boldrinismo. Leggi anche: La cosina rossa vuole già far fuori Grasso: al suo posto... Quell'ideologia fru fru che aveva soppiantato le priorità politicamente solide della sinistra storica, il lavoro su tutte (ormai giudicato parola volgare, nelle residue ridotte progressiste dei Parioli e di Montenapo), con un teorema che poteva appoggiarsi sulla terza carica dello Stato: le donne non sono individui che operano, lavorano, salgono o scendono l'ascensore sociale, ma sono il santino del loro sesso, sono un'autocaricatura, una quota rosa del dibattito, di cui ha il monopolio la centrale boldriniana del politicamente corretto. E giù intemerate sempre uguali a loro stesse (un vocabolario talmente elementare che sono riuscite ad articolarlo anche maîtresse à penser del calibro di Asia Argento) sul maschilismo porcaccione dei berlusconiani, sul machismo ormonale dei leghisti, sulla rozzezza villica dei pentastellati. Tutta gentaglia inadeguata a rappresentare l'idea platonica e salottiera della donna, esclusiva degli aperitivi radical in pelliccia di visone e indignazione preconfezionata sulla visione altrui del corpo della donna. I NUMERI DEL BLUFF Se scendiamo nella concretezza prosaica delle liste, dei posti, delle segreterie di partito, a sinistra in effetti il corpo delle donne non lo hanno utilizzato proprio: hanno evitato di candidarle in posti eleggibili, risolvendo il problema alla radice. Le signore rappresentano infatti circa un terzo del nuovo Parlamento. La percentuale maggiore è tra i grillini, che arrivano quasi al 40%, segue Forza Italia al 35%. Solo terzo il partito di Renzi, quello che iniziava sempre i discorsi al femminile, «le amiche e gli amici del Pd», «le italiane e gli italiani», quello che ha stretto un'alleanza con l'altra sacerdotessa del femminismo come religione della Repubblica, Emma Bonino. Addirittura ultimi, e questa è la nemesi finale, i gentiluomini (è proprio il caso di dirlo) di Liberi e Uguali, il partito di Laura Boldrini. Diciotto parlamentari, solo quattro donne, tra cui appunto la zarina della «questione di genere» (orrido nonsense che ha egemonizzato per anni gli uffici della Camera dei deputati), costretta a sedersi oggi tra i banchi del gruppo più retrivo e maschilista dell'arco istituzionale, dopo essere già stata costretta a farsi da parte davanti alla leadership di Pietro Grasso, uno che col carisma e l'arte oratoria è a suo agio come chi scrive con la fisica quantistica, ma che evidentemente agli occhi dei vecchi compagni D'Alema e Bersani aveva il pregio di essere uomo. FOGLIOLINE DI FICO E pensare che lo stesso Grasso aveva presentato il logo del partito, nel tinello amico di Fazio, concedendosi una dotta disquisizione sulle tre «foglioline» che vanno a formare la «E stilizzata» e «indicano le donne presenti nel nostro movimento e il ruolo che svolgono nel Paese». Ci sarà chi campa da velina di Berlusconi, ma c'è anche chi muore da fogliolina di Grasso, è difficile pensare sia un progresso per la «questione femminile», certo non lo è per le donne in carne e ossa. di Giovanni Sallusti

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