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Luigi Di Maio, il diktat che fa fuori l'uomo del Cav: "Uno così, non lo voglio"

Giovanni Ruggiero
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Quando mancano appena 5 giorni alla prima convocazione delle Camere, prevista per il 23 marzo, non esiste ancora un vero e proprio accordo tra i partiti almeno sulla nomina dei presidenti. Luigi Di Maio sembra ormai dare per scontata la presidenza della Camera in quota grillina, ma finora ha solo incassato una disponibilità a trattare da parte della Lega. Al Senato la storia si fa più complicata. Da giorni circolano i nomi del forzista Paolo Romani e del leghista Roberto Calderoli per la presidenza, in una sorta di tacito accordo che assegni palazzo Madama al centrodestra. Leggi anche: Anna Maria Bernini, chi è la donna che rivoluziona Forza Italia Nessuno però vuol recedere di un solo passo, tantomeno Di Maio che ha già fissato i paletti tutti grillini per la selezione dei nomi graditi al Movimento. Secondo le sue condizioni, sono "inaccettabili candidati condannati o sotto processo...". Una posizione che fa pensare al rifiuto a priori di Romani, condannato in prima grado per peculato ai tempi in cui era assessore all'urbanistica al comune di Monza. Sette anni fa, Romani presto il cellulare di servizio a sua figlia, per una spesa di poche migliaia di euro. Un procedimento che, ricorda lo stesso Romani: "È ancora in corso, visto che la Cassazione, riconoscendo la tenuità del fatto, ha chiesto alla Corte d'appello di riconsiderare l'eventuale condanna". Il gioco di forza grillino però potrebbe avere vita breve, almeno finché le trattative non entreranno nel vivo e costringeranno Di Maio a considerare che i soli voti dei parlamentari pentastellati non basteranno per eleggere un suo uomo alla presidenza di Montecitorio. 

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