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Pd pronto a tutto pur di avere una poltrona, il partito aspetta offerte. E pretende...

Andrea Tempestini
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Mentre cominciano le registrazioni dei nuovi parlamentari, ieri è toccato al Senato oggi alla Camera, nel Pd si cerca di trovare un faticoso equilibrio tra visioni diverse. La linea di stare all'opposizione, o meglio di lasciare che i vincitori, M5S e Lega, facciano il loro tentativo (sperando fallisca), resta. Ma questo non significa che il Pd si sottragga a qualunque confronto. Anche perché la prima partita, in ordine di tempo, saranno le presidenze delle due Camere. E su questo il Pd intende dire la sua. E i negoziati, sia pure prudenti, sono cominciati. L'Aventino predicato dall'ex segretario, Matteo Renzi, sparito a Firenze ma presente tramite i suoi fedelissimi, si sfarina di fronte alla forza della realtà parlamentare. «Siamo consapevoli del nostro ruolo di opposizione e il nostro compito è di valutare e sostenere le persone più credibili. Leggi anche: Paolo Mieli, la brutale lezione al Pd che va a caccia di poltrone Non c'è una spartizione preventiva, ma una valutazione», ha spiegato ieri pomeriggio tardi Matteo Richetti, arrivato al Senato per registrarsi e fare le pratiche di inizio legislatura. «Ci sono margini per fare un buon lavoro per le istituzioni di questo Paese. Entro nel Senato, come tutto il gruppo parlamentare, consapevole che ci aspetta un ruolo di opposizione». Ma compito di una forza di minoranza non è escludersi da ogni dialogo, da ogni azione politica. «L'opposizione ha il compito di valutare le proposte della maggioranza, sostenere quelle più forti, credibili e autorevoli, valutare con coscienza quelle che sono le personalità che meglio danno forza e credibilità alle istituzioni». IL PRECEDENTE Ettore Rosato si è spinto anche oltre, non escludendo che una presidenza possa andare al Pd: «La storia ci dice che offrire una presidenza alle opposizioni, non incassando tutto, è un atto intelligente», ha ricordato a Un Giorno da Pecora su Rai Radio1. «Nella precedente legislatura noi le demmo a due personalità non organiche al Pd: Boldrini e Grasso. Oggi, però, noi non chiediamo nulla». E poi a Sky ha precisato: «Ho stima di Giorgetti (Lega, ndr)». In ogni caso, l'opposizione dura e pura è archiviata: «Per il bene del Paese e della stabilità noi faremo bene l'opposizione», ma non l'Aventino, che è «un'altra cosa». Oltre la linea di chi (Renzi) sembra aspettare sulla riva del fiume un cadavere che forse passerà (o forse no), emerge, insomma, un inizio di disponibilità a confrontarsi. Almeno sulle presidenze delle Camere. Il che non va confuso con una trattativa sul governo. Su questo, per ora, resta la linea Maginot: il Pd non può fare da stampella dei Cinque Stelle o del centrodestra: «La maggioranza è di chi ha vinto le elezioni e di chi lo dice esplicitamente: Di Maio sostiene che ha vinto e ha il diritto di governare. Salvini e Meloni gli ricordano, invece, che sono la prima coalizione e hanno il diritto di governare, noi diciamo lo facciano», ha detto ancora Richetti. NO A WALTER Il suggerimento lanciato da Walter Veltroni domenica sul Corriere della Sera, perciò, per ora non trova grande consenso. Secondo Matteo Orfini, «è una proposta radicalmente sbagliata, che nulla ha a che fare con lo spirito e la storia del Partito democratico. E il presidente del Pd ha bocciato anche l'idea, fatta balenare dal reggente Maurizio Martina, di un referendum tra gli iscritti, sulla falsariga dell'Spd: «È uno strumento del nostro Statuto, se qualcuno vuole ricorrervi può chiederlo. Ma mi sembra che i nostri iscritti sono contrari». Al di là delle sfumature che pure ci sono, l'orientamento generale è di aspettare che Di Maio e Salvini provino a fare un governo insieme. Scommettendo che non riusciranno. Solo allora si vedrà il da farsi. «Sarà una cosa lunga, molto lunga», si spiega al Nazareno. La speranza, inconfessata, è che in questo lungo lasso di tempo il presidente della Repubblica si inventi qualcosa. Perché comunque, come si ripete tra i dem, «un governo al Paese bisognerà darlo». di Elisa Calessi

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