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Il Pd si offre al M5s, la rete di Romano Prodi e Walter Veltroni: così cancellano Matteo Renzi

Andrea Tempestini
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A guardare da fuori sembra che nel Pd tutto sia immobile, che l'orologio si sia fermato la notte del 4 marzo: un partito tramortito, obbligato a fare da spettatore. In realtà basta avvicinarsi e abbassare i microfoni per accorgersi che è tutto un ribollire di colloqui, incontri, alleanze in fieri, discussioni sul da farsi, iniziative. L'assemblea dell'altro giorno alla Camera dei deputati, durante la quale Dario Franceschini ha chiesto che i gruppi parlamentari si riuniscano e discutano la linea prima di andare alle consultazioni al Quirinale, è stata come il bambino della favola che dice «Il Re è nudo». Tutti sapevano che, nel Pd, c'era un largo fronte per nulla convinto della linea di Matteo Renzi, opposizione dura e pura, nessun dialogo con nessuno. Ora quel fronte, che si allarga ogni giorno, ha fatto un passo per uscire allo scoperto. Ieri Andrea Orlando, in un'intervista al Corriere della Sera, si è messo dalla parte dell'ex ministro dei Beni culturali, spiegando che «il tocca a loro non è una linea» e che il Pd rischia di «smarrire la sua funzione». Leggi anche: Cacciari, l'attacco finale a Matteo Renzi: ridotto a polvere Non parla, ma è molto vicino a questa posizione anche Paolo Gentiloni. Il premier uscente non ha condiviso gli atteggiamenti degli ultimi tempi di Renzi. È convinto che il Pd debba avere una linea, fare proposte, giocare la partita. Il dialogo, per una forza in Parlamento, è un obbligo. In sintonia con Gentiloni, in questo momento, sono Graziano Delrio, che ora è capogruppo alla Camera, e tutti gli ex ministri, fatta eccezione per Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Poi ci sono molte differenze. C'è chi, come Orlando e Michele Emiliano, guarda ai Cinquestelle e pensa che, fallito il tenativo Salvini-Di Maio, ci si debba rivolgere a loro. Ma c'è anche chi, Franceschini tra questi, preferisce guardare al centrodestra. Poi ci sono le voci da fuori, non meno importanti. Walter Veltroni si è fatto sentire, dicendo a chiare lettere che il Pd dovrebbe dialogare con il M5S. E a breve potrebbe farlo Romano Prodi. Quello che li accomuna è l'idea che il Pd debba immaginare una iniziativa, essere in partita. Prepararsi nell'eventualità che il governo sovranista non decolli. O anche lavorare perché non vada a buon fine. LA GUIDA DEL PARTITO Questa discussione si intreccia, poi, a quella sul partito e su chi lo guiderà. Anche qui lo scacchiere del Pd si sta muovendo. Sabato Matteo Richetti farà un'iniziativa all'Acquario romano, prendendo a spunto il libro che ha scritto. È un tentativo di ripartire e di proporsi come punto di riferimento dei renziani, orfani di Renzi. Ma non è l'unico. Sempre sabato, in via dei Cerchi, alcuni ragazzi vicini ad Andrea Orlando, tra cui Peppe Provenzano, membro della direzione Pd e vicedirettore della Svimez, hanno lanciato un appuntamento dal titolo “Sinistra Anno Zero”. Un punto per ripartire, da sinistra. Intanto, pur negandola o ridimensionandola, tiene banco la discussione sulla linea da tenere davanti al presidente della Repubblica. «Non si è aperta nessuna discussione. Si è aperta una discussione su come bisogna svolgere questo ruolo. È legittima e la faremo dopo le consultazioni», ha detto Delrio. Il rinvio è un «errore», secondo Orlando, che al Corriere della Sera, ha detto di ritenere «doveroso il dialogo con una forza (il M5S, n.d.r.) che ha raccolto un terzo dei voti». La richiesta del ministro della Giustizia uscente è che il Pd «indichi le sue priorità, proponga una sua agenda sociale al Paese, altrimenti la nostra posizione sarà subalterna e chiusa nel Palazzo». Sulla stessa linea è la vicepresidente del Senato, Anna Rossamando, orlandiana: «Stare all'opposizione non può essere uno slogan rifugio». I renziani guardano con preoccupazione a queste uscite e vedono nelle parole di Orlando e di Franceschini l'idea di un accordo con Luigi Di Maio. IL TWEET DI CALENDA «Se c'è qualche dirigente che vuole il contrario esca allo scoperto», ha detto il senatore Ernesto Magorno. E Andrea Marcucci, capogruppo dem a Palazzo Madama, ha ribadito la linea: «Il Pd non sosterrà mai nessun governo del M5s, nessun governo Lega-Cinque Stelle. La linea che porteremo la prossima settimana al Colle è quella votata praticamente all'unanimità in direzione: il Pd in questa legislatura starà all'opposizione. Se qualche dirigente vuol cambiare posizione, lo dica chiaramente». Chi non ha mai fatto nascosto la necessità di discutere con i Cinque Stelle è Michele Emiliano. «I Cinque Stelle non sono nemici da abbattere ma solo avversari da rispettare, provando nel tempo a superarli con proposte alternative. Non capisco perché di fronte a proposte condivisibili, pur essendo opposizione, non si debba dare un appoggio esterno», ha spiegato Francesco Boccia, che ha battibeccato via Twitter con Carlo Calenda. «Accettare risultato elettorale è un dovere, essere complici di irresponsabilità sarebbe delitto. Con buona pace di Michele Emiliano e Francesco Boccia», ha attaccato il ministro su Twitter. di Elisa Calessi

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