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Becchi e Palma: Tornare al voto col Rosatellum può dare la maggioranza dei seggi al centrodestra

Giulio Bucchi
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Risposta immediata a Roberto D'Alimonte. Il professore dell'Italicum scrive che se tornassimo al voto col Rosatellum, il centrodestra avrebbe difficoltà ad ottenere la maggioranza assoluta dei seggi anche qualora la coalizione ottenesse il 40% dei voti in quanto le servirebbe vincere nel 70% dei collegi uninominali. Giusto, argomentazione che anche noi abbiamo più volte scritto prima del 4 marzo. Ma il professore dimentica di scrivere la cosa più importante, e cioè che il 40% sarebbe invece più che sufficiente a seconda di quelli che sarebbero i risultati elettorali del M5S al Sud. Il 4 marzo Di Maio hanno fatto cappotto di quasi tutti i collegi plurinominali nelle sette regioni del Sud (Puglia, Basilicata, Campania, Molise, Calabria, Sicilia più la Sardegna), che in assenza di voto disgiunto significa effetto-traino di tutti i collegi uninominali collegati a ciascun plurinominale, nella media di quattro uninominali per ciascun plurinominale. A bocce ferme, sulla base dei risultati del 4 marzo, il centrodestra ha ottenuto 265 seggi col 37% dei voti su scala nazionale. Gliene mancano 51 per la maggioranza assoluta (316, limitandoci all'esempio di Montecitorio). 51 seggi equivalgono pressappoco a 13 collegi plurinominali, ai quali – nel complesso – sono collegati 52 collegi uninominali. Un'elezione non è come un'altra, anche se avviene a distanza di pochi mesi l'una dall'altra. I risultati delle regionali in Molise hanno certificato un'avanzata della coalizione di centrodestra ed un arretramento consistente del M5S. Dato dal quale non si può prescindere, stante anche la delusione da parte di una fetta consistente dell'elettorato 5Stelle che ha visto come un tradimento l'apertura di Di Maio al Pd, cioè al nemico di sempre. Il voto verso i pentastellati è più che altro un voto d'opinione, quindi non sarebbe affatto complicato alla coalizione di centrodestra – che vede Salvini e la Lega più forti rispetto a due mesi fa – sottrarre appena 13 collegi plurinominali nelle sette regioni meridionali di cui sopra, che tradotto assegnerebbero circa 52 collegi uninominali (cioè seggi) alla coalizione. E perché ciò accada potrebbe essere sufficiente – a livello nazionale - che il centrodestra passi dal 37 al 40 percento (ma anche meno) e il M5S perda pochi punti percentuali – due o tre sarebbero già in teoria sufficienti – col picco di arretramento nelle regioni meridionali. Ma v'è di più. Ai 52 seggi ottenuti a macchia di leopardo dal centrodestra al Sud, andrebbero aggiunti alla coalizione i seggi della quota proporzionale scaturenti da quel 2-3 percento in più su scala nazionale (cioè il passaggio dal 37 al 40% tanto per capirci). Ciò darebbe a Salvini e alleati non meno di 321-327 seggi alla Camera e 162-165 scranni al Senato, cioè la maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento. Il Rosatellum è una pessima legge elettorale, ma se tornassimo al voto nel giro di pochi mesi non è affatto escluso che il centrodestra possa ottenere la maggioranza assolta dei seggi alle condizioni che abbiamo fin qui esposto, esattamente come abbiamo sempre dimostrato nei mesi che hanno preceduto il voto del 4 marzo. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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