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Scuola, i maestri licenziati digiunano e la fedeli li prende in giro

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Matteo Legnani
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Vogliamo sorvolare sulla contraddizione di un Paese in cui un maestro deve essere laureato e un ministro può non esserlo. Di certo è intollerabile che, a una settimana dalla denuncia di Libero sui «20.000 maestri licenziati», come allora titolavamo (e rischiano di essere ancora di più), le bocce siano rimaste ferme. Sono passati i ponti e ne è passata di acqua sotto i ponti, ma la gola dei maestri continua a restare secca e le loro pance vuote. Da alcuni giorni i diplomati magistrali insegnanti in scuole materne ed elementari, estromessi in seguito a una sentenza del Consiglio di Stato da cattedre e graduatorie perché privi di laurea, si stanno dedicando anima e corpo, è il caso di dire, a uno sciopero della fame. Per far sentire il loro grido di protesta e non morire di indifferenza che forse fa male ancora più dei morsi della fame. Loro digiunano e fanno sit-in (ieri erano sotto la sede del ministero dell' Istruzione) ma i politici e i partiti si dedicano al loro consueto magna magna. O meglio, dormi dormi. A parte qualche sparuta voce, c' è il silenzio nelle aule del Parlamento, ancor più sorde e vuote in questi giorni di esodo collettivo. Fortuna che qualcuno si ricordi della sorte di questi 50-55mila disgraziati (tanti sono quelli che rischiano di essere mandati a casa). Leggi anche: Vittorio feltri: "Mandiamo a casa 20mila insegnanti ma ci teniamo una ministra non laureata" Ieri la capogruppo forzista in Senato Anna Maria Bernini ha chiesto, con un' interrogazione parlamentare, «un provvedimento d' urgenza al ministro Fedeli per trovare una soluzione all' annosa e grave questione». Ma la stessa ministra interpellata nicchia. Qualche giorno fa, con un appello accorato, la Fedeli invitava i maestri a «sospendere lo sciopero della fame perché si fanno un danno personale» e passava la patata bollente al Parlamento perché è l' unico che «può modificare norme precedenti», cercando un compromesso tra la salvaguardia dei maestri diplomati già in graduatoria o già di ruolo e l' integrazione degli aspiranti maestri, in possesso di diploma di laurea. Sarà anche vero che spetta al Parlamento legiferare ma in questa fase di stallo politico e di inattività delle due Camere, dettata non certo solo dai ponti, pensare che deputati e senatori possano prendere a cuore la sorte dei maestri e produrre una legge in tempi brevi pare fantascienza. E allora spetterebbe forse al ministro, uscente ma comunque operante, prendere di petto la situazione. E magari partorire un decreto legge sul quale mettere anche la fiducia, in modo da ottenere un' approvazione lampo in Parlamento. Bisogna agire, insomma, ministra Fedeli. Non preoccuparsi soltanto delle condizioni fisiche dei digiunanti. Né rabbonirli con parole vaghe e sostanzialmente inutili, come quelle da lei scritte su Twitter il 1° maggio: «Buon 1° maggio a tutte e a tutti con un pensiero particolare alle tante professionalità del mondo del sapere. Dobbiamo impegnarci ogni giorno per garantire dignità, sicurezza e rispetto». Infatti, bisogna impegnarsi, ministro. Perché con la cultura si mangia. E senza di quella, e i posti che essa assicura, molti rischiano di morire di fame. di Gianluca Veneziani

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