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Roberto Fico, il golpe nel M5s per fare fuori Luigi Di Maio: la guerra parte dalla Rai

Gino Coala
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L'inchiesta sul nuovo stadio della Roma ha avuto l'effetto di uno tsunami sul Movimento Cinque Stelle, già alle prese da settimane con i mal di pancia di parlamentari e attivisti irritati per l'alleanza con la Lega e la spartizione delle poltrone tra ministri e sottosegretari. "Ormai viene tutto stabilito al chiuso di una stanza", è la lagna che serpeggia tra i grillini, secondo un retroscena di Repubblica. Leggi anche: Fico, golpe contro Di Maio alla Camera: dove piazza il suo fedelissimo Nel mirino c'è innanzitutto Luigi Di Maio, letteralmente scomparso dai radar dopo l'esplosione dell'inchiesta che ha coinvolto la giunta Raggi, pezzi di governo e soprattutto il Movimento, visto che proprio l'avvocato Alfredo Lanzalone, ritenuto vicinissimo a Beppe Grillo e alla Casaleggio, sarebbe al centro dell'inchiesta di corruzione emersa nelle ultime ore. "È ora di cambiare lo Statuto - si lamentano i parlamentari grillini - specie se è vero che a scriverlo è stato Lanzalone: abbiamo buttato a mare i principi di democrazia interna, dato un potere immenso a pochissime persone ed escluso il resto del Movimento da qualsiasi scelta". La crisi del leader Di Maio però può essere l'occasione ghiotta per chi aspira a fregargli il posto, come il presidente della Camera Roberto Fico che su Facebook ha tuonato: "Occorre un salto culturale, è necessario rifiutare la logica dell'appartenenza per premiare esclusivamente merito, competenze, capacità di visione del servizio pubblico". Fico con uno scatto di lato vuole evitare gli schizzi di fango dell'inchiesta romana, portando avanti la sua guerra a cominciare dalla battaglia sulla spartizione dei posti nel Cda della Rai. Sarà proprio sulle poltrone di via Mazzini a giocarsi la partita decisiva per il futuro del Movimento. Il Cda sarà formato da due componenti scelti dalla Camera, due dal Senato, altri tre, tra cui l'Ad, dal governo. Fico lancia l'appello perché "la politica resti fuori", nella speranza magari che siano scelti candidati più vicini a lui, meno a chi ha preso possesso dei posti che contano nel governo.

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