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Stadio della Roma, l'inquietante retroscena sul premier Giuseppe Conte: Lanzalone poteva prendere il suo posto

Gino Coala
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Nelle ore convulse precedenti all'incarico ricevuto da Giuseppe Conte al Quirinale, c'erano altri nomi nella lista dei grillini pronti a sedersi sulla poltrona del presidente del Consiglio ben più inquietanti. Primo fra tutto proprio l'avvocato Luca Lanzalone, apparente fulcro della rete pentastellata che ha portato alla formazione del governo. Almeno stando a sentire quel che diceva il legale di Genova, il governo "lo sto a fare io", tanto valeva arrivare fino in fondo dopo aver tanto lavorato per il partito della Casaleggio. Leggi anche: Conte, l'avvertimento di Sallusti al premier: "O fai come dice Salvini o vai a casa" Dalle conversazioni telefoniche tra Lanzalone e il costruttore Parnasi, come ricorda il Giornale, emerge chiaro il pensiero dell'avvocato e le sue aspirazioni governative, ben sostenuto dall'amico dall'altro capo del telefono, felice di poter avere un premier con il quale poteva vantare grande confidenza. Ai conoscenti più stretti anzi Parnasi lo sponsorizzava proprio come "il futuro premier", spiegando poi: "Non lo frequento solo perché è l'uomo di Grillo e di Di Maio, ma perché capace e intelligente". Quando a maggio le trattative per trovare una quadra sull'esecutivo tra Lega e M5s, le ricerche erano tutte orientate per un nome "terzo" che evitasse a Matteo Salvini di essere subalterno a Luigi Di Maio, e viceversa. Parnasi in quei giorni non faceva segreto sui suoi desideri: "Tu devi andare a fare il premier, e Giorgetti il vice". I presupposti in fondo c'erano tutti, considernado anche il forte legame tra Di Maio e Lanzalone: "Vedo Luigi tutti i giorni, lo sento tre volte al giorno". Qualche tentativo un po' maldestro c'era anche stato poco prima, ad aprile, quando a palazzo Chigi c'era ancora Paolo Gentiloni. Lanzalone, all'epoca capo di Acea, si era accreditato come "membro del Comitato per le nomine dei Cinque Stelle", diceva di poter parlare per conto di Di Maio e trattare per lui la distribuzione delle poltrone: "Dovete concordare con me i nomi". A palazzo Chigi non raccoglie grande consenso, mentre al Campidoglio l'assessore al Bilancio Lemmetti fa il tifo per lui: "Ma allora sali al governo? - gli ha chiesto - Mi aspetterei che chiamassero pure me, qui mi sento limitato: fatemi nominare ministro".

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