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Stadio della Roma, il silenzio di Alfonso Bonafede su Luca Lanzalone: cosa non sa più spiegare

Gino Coala
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Da quando il grillino Alfonso Bonafede è balzato alla guida del ministero della Giustizia, non è passato giorno che l'avvocato tosco-siciliano non tuonasse contro malaffare e corruzione. Bonafede vuole guidare il granitico partito delle manette di travagliana ispirazione, incarna quell'ala grillina che urla "onestà onestà onestà", finché almeno sotto indagine ci sono gli altri. Leggi anche: Stadio della Roma, Roberta Lombardi demolisce il M5s: "Bonafede deve fare chiarezza" L'ultima invettiva del ministro giustizialista risale a circa tre giorni fa, quando alla presentazione in Parlamento della Relazione del garante dei detenuti ha invocato pene più severe contro i "colletti bianchi". E in più aveva regalato agli annali un contributo giacobino anche sul Blog delle stelle: "La prevenzione e il contrasto alla corruzione è uno dei punti qualificanti del programma di governo". Certo Bonafede è un sognatore, ma con i piedi per terra e sa che: "nessuna lotta al malaffare potrà dirsi credibile se alla condanna per i reati contro la pubblica amministrazione dei cosiddetti colletti bianchi non seguirà un'adeguata o alcuna pena detentiva". Tutto bellissimo, peccato però che Bonafede non ha spiccicato una sola parola dopo che il suo nome è stato tirato in ballo nello scandalo "Stadio della Roma". Si fatica a trovare traccia in particolare di un suo chiarimento sulla natura dei suoi rapporti con l'uomo chiave dell'inchiesta romana, cioè l'avvocato Luca Lanzalone, oggi ai domiciliari. Bonafede non ha rotto il silenzio neanche dopo le accuse, neanche tanto velate, da parte del sindaco di Roma, Virginia Raggi, che davanti ai magistrati in procura ha confermato che quel Lanzalone era stato "imposto" da Bonafede, oltre che dall'altro ministro grillino Riccardo Fraccaro.

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