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Luigi Di Maio, il delirio sul decreto manomesso? Nel mirino gli uomini di Giovanni Tria: chi vuole far fuori

Davide Locano
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Delirio e figuraccia. Si può sintetizzare così il sabato di Luigi Di Maio, il quale ha parlato di "complotto delle lobby" che avrebbero manomesso la relazione tecnica al decreto dignità. Una "manomissione" che sarebbe stata compita dal ministero dell'Economia di Giovanni Tria. Ma dietro al delirio di Di Maio, sottolinea Repubblica, c'è un obiettivo ben preciso: il fortino di Tria, appunto, dove la squadra del ministro cerca di salvare l'Italia dalle follie economiche grilline. Insomma, nel mirino ci sono i tecnici del ministero, in primis il Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, provenienza Bankitalia. Dunque, un secondo nome è nel mirino dei grillini: quello di Roberto Garofalo, capo di gabinetto ereditata da Pier Carlo Padoan. Ex magistrato, ha ottimi rapporti con il Quirinale ed è assolutamente indigesto per i grillini e Di Maio. Leggi anche: Di Maio, il piano da macellaio: quali pensioni vuole tagliare Ma dopo le voci, ecco la nota congiunta. "Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio - si legge nel testo redatto con Tria - non ha mai accusato né il ministero dell'Economia e delle Finanze né la Ragioneria Generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità. Certamente, però, bisogna capire da dove provenga quella 'manina' che, si ribadisce, non va ricercata nell'ambito del Mef". Nel comunicato viene poi chiarito che "in merito alla relazione tecnica che accompagna il Dl Dignità, il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ritiene che le stime di fonte Inps sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili".

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