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Reddito di cittadinanza, la mancetta di Luigi Di Maio ai suoi compaesani

Cristina Agostini
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Luigi Di Maio si prepara a fare la carità ai suoi compaesani. In campagna elettorale aveva promesso mare e monti e parecchi votanti, soprattutto al Sud, gli hanno creduto sperando di portare a casa il sospirato reddito di cittadinanza. In effetti beccare 780 euro al mese senza fare nulla è una prospettiva allettante per i milioni di cittadini meridionali, e non solo, che bazzicano tra il nero e il grigio. Fate un po' i conti: due coniugi, regolarmente nullatenenti e disoccupati, riuscirebbero a incamerare quasi 1600 euro ogni 30 giorni, se poi ci aggiungiamo che in famiglia magari ci sono una pensione e un assegno di invalidità civile, il gioco è fatto. Leggi anche: Retroscena horror: perché non hanno cacciato Tria. Quello che non ci dicono Certo, la proposta grillina imporrebbe ai «turisti per sempre» di rivolgersi ai centri per l' impiego in cerca di un' occupazione e magari di frequentare dei corsi di formazione o aggiornamento professionale, in modo da rispondere a una chiamata di lavoro. Anche perché - sta scritto nella proposta pentastellata - se dopo tre chiamate, rifiuti, perdi il sussidio. In teoria, ma ci credete che dalle parti di Scampia, tanto per fare un esempio caro al Movimento dove il 4 marzo ha incassato quasi il 70% dei consensi, il popolo dei mantenuti rinunci a cuor leggero al «reddito di cittadinanza»? Di Maio le sa tutte queste cose. Ed è consapevole del fatto che se non riuscisse a elargire mance alla sua gente, finirebbe per tornare a vendere bibite allo stadio San Paolo. Il vicepremier ha promesso e deve mantenere, pena l' emorragia di voti. Ci sono però due problemi: 1) i centri per l' impiego sono da rottamare 2) le coperture finanziarie non ci sono, l' ha detto il ministro Tria chiaro e tondo. I centri per l' impiego nacquero dalle ceneri dei vecchi uffici di collocamento, sono 550 e gestiti dalle Regioni (apriti cielo), e vantano carenza di personale e di risorse. Per fare un confronto: i dipendenti di queste strutture da noi sono 8.000, mentre in Germania salgono a quota 100mila e in Francia raggiungono le 45mila unità. RIFORMARE COSTA CARO - Sul fronte economico il paragone è altrettanto impietoso: in Italia il budget è di 700 milioni, a Berlino di 11,6 miliardi mentre a Parigi ci si ferma a 5,4 miliardi. Qua non funzionano insomma, tant' è che appena il 3% dei disoccupati si rivolge a loro per trovare un impiego. In Europa la musica è completamente diversa: ben il 20% dei senza lavoro bussa a questi uffici in Francia e Germania. Per riformare i centri per l' impiego italiani servirebbero almeno 2 miliardi. A trovarli Ma lo scoglio più grosso è legato al costo del reddito di cittadinanza. L' Istat parla di 16 miliardi, l' Inps di 38. Tria, la Ue, Gesù Bambino nessuno darà mai queste risorse a Di Maio. Nemmeno entro la legislatura si troverebbero i quattrini per rispettare i proclami elettorali. E allora ecco la trovata: procediamo con un assegno più soft, più leggero. Tanto per tenere buona la gente. L'agenzia Reuters, rispettata in tutto il mondo, ha raccontato questo retroscena. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico avrebbe deciso di procedere al risparmio. La strategia è quella di chiudere velocemente il tavolo aperto con le Regioni, che gestiscono appunto i centri per l' impiego, per dire che c' è un accordo su come riformarli. Così Giggino spera di avere mani libere per introdurre dal 2019 i primi sussidi al Sud o un ampliamento del Rei, il reddito di inclusione per i poveri voluto dal governo Pd. MENÙ DEGUSTAZIONE - Si potrebbe partire, spiega una fonte alla Reuters, da importi sotto i 500 euro mensili e da un ampliamento della platea del Rei dalle attuali 800.000 persone a 1,8 milioni. Capite? Di Maio aveva promesso una torta a ogni elettore, invece proporrà soltanto una fettina piccola piccola. Un assaggio, ovvero una degustazione di reddito di cittadinanza riservata ovviamente ai votanti del Mezzogiorno. Risultato finale: il cittadino che ha barrato il simbolo del Movimento resterà con la fame, i consumi non ripartiranno, la voglia di lavorare nemmeno, le casse statali saranno sempre più grame, il Pil non ne beneficerà, mentre il debito pubblico farà festa. Noi no. di Giuliano Zulin

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