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Matteo Renzi, ecco perché il suo è un colpo di Stato

Andrea Tempestini
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Se hai le televisioni non puoi governare. Se hai un piccolo impero industriale non puoi governare. Se i giudici ti massacrano non puoi governare. Se hai un ventaglio di abitudini, certo forse troppo libertine, non puoi governare, nemmeno se l'Italia ti elegge. Se non hai un solido background politico, se per esempio sei un imprenditore prestato alla politica, non puoi governare. Se non condividi questa Europa, non puoi governare. Se sei Silvio Berlusconi, insomma, non puoi governare. Un ragionamento volutamente semplicistico, provocatorio, ma che assomiglia sinistramente alla verità. Dalla discesa in campo del Cavaliere, l'opera di delegittimazione nei suoi confronti è stata costante, martellante e sistematica. L'assedio togato - e mediatico - è iniziato 20 anni fa tondi tondi, e negli ultimi ha centrato i suoi risultanti più significativi (la condanna definitiva nel processo Mediaset, la conseguente decadenza da senatore; dal processo Ruby ora potrebbe spuntare anche l'interdizione a vita dai pubblici uffici). Da Dini a Monti - Un humus culturale dal quale sembra essere emersa una sconcertante convinzione: in Italia, per un fantomatico "bene del Paese", deve governare chi non è legittimato a farlo. Una storia iniziata già nel 1995, quando dopo lo strappo della Lega Nord e la caduta del primo governo Berlusconi, l'allora presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, piazzò a Palazzo Chigi Lamberto Dini. Un copione in parte ripetuto con l'infausta (e tassarola) parentesi di Giuliano Amato, pur sostenuto dalla maggioranza di sinistra che fu eletta nel 1996 (Romano Prodi premier). Ma i risultati distorti di questo humus culturale il cui unico messaggio è che Berlusconi è "irrecevibile" sono arrivati negli ultimi tre anni. Si parte dall'ascesa di Mario Monti, chiesta dall'intellighenzia europea, dalla Bce, da Angela Merkel e orchestrata con perizia da Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica interventista come interventista lo era stato, forse, soltanto Scalfaro stesso. Un'ascesa sospetta, e i sospetti sono stati confermati dalle recenti rivelazioni di Alan Freedman, che ha fatto "confessare" a Monti in persona che Re Giorgio, già nel giugno del 2011, voleva il bocconiano a Palazzo Chigi (il piano, in verità, era già iniziato con lo strappo di Fini ) . Re Giorgio voleva Monti, insomma, quando la crisi economica ancora non giustificava il ribaltone. Lo voleva perché Berlusconi "era inadatto", inviso alle cancellerie europee. Lo voleva perché lo voleva qualcun altro, di certo non gli italiani. L'arrivo di Renzi - Il governo Monti si è poi spento prima del tempo, dopo una serie di tasse che hanno spinto l'Italia sull'orlo della disperazione. Le elezioni, però, ci hanno consegnato un Paese ingovernabile, spaccato in tre parti. L'unica soluzione praticabile furono le larghe intese, un governo politico che in qualche modo rispecchiava il verdetto delle urne. Un governo politico dalla vita brevissima. Un governo la cui vita sarebbe dovuta terminare dopo l'uscita dalla maggioranza di Silvio Berlusconi e il ritorno a Forza Italia. Eppure niente, anche in quel caso una manovra di palazzo bloccò il ritorno alle urne. Angelino Alfano decise di fare da stampella al governo, e dietro alla decisione del leader di Ncd, in molti, ci hanno visto lo zampino di Napolitano. Poi arriva Matteo Renzi, si prende la segreteria del Pd, cambia gli equilibri, spara contro l'esecutivo, mette nel mirino l'immobilismo di Letta. La situazione diventa insostenibile, il governo - ormai finito su un binario morto e incapace anche solo di intavolare una discussione sulla riforma elettorale - capitola nel giro di poche, convulse, settimane. Renzi e Berlusconi, dopo l'intesa sull'Italicum, vorrebbero tornare al voto. Tutto fatto, dunque? No, niente elezioni, nemmeno in questo caso. Chi decide - Napolitano è stato chiarissimo: "Le elezioni? Non diciamo sciocchezze". Tranchant. Nemmeno a fronte della crisi definitiva del governo Letta il popolo è legittimato ad andare al voto. Eppure l'emergenza-spread non è più un'emergenza (è sotto i 200 punti). Eppure non ci sono stangate (nuove tasse da approvare) all'orizzonte. Eppure le riforme in cantiere potrebbero benissimo essere fatte nella prossima legislatura (eccezion fatta, sia chiaro, per quella elettorale). Ma no, niente voto. Anche Renzi cambia idea e parla di una legislatura che deve durare fino al 2018 (ma perché? Chi lo ha eletto? Chi mai lo ha legittimato?). C'è lo zampino di Napolitano anche dietro questo cambio di registro? Possibile, probabile. Come probabilmente c'è lo zampino di quei cosiddetti "poteri forti" (stampa, imprese, banche, Confindustria, società pubbliche in procinto di un'infornata di nuove nomini ai vertici) che in un baleno hanno scaricato Letta per prendere Renzi per mano. Nessun esercizio democratico: decidono gli altri, non decidono gli italiani. Decide il Colle, decide la stampa, decidono le banche, ma non decidono mai  le elezioni. Un colpo di Stato soft. Un altro "golpe", in un Paese dove l'abitudine a delegittimare chi è chiamato a governare finisce per giustificare il "golpe" stesso.

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