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Funerali Casamonica, la farsa del prefetto Franco Gabrielli: colpa di nessuno

Giulio Bucchi
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Non rotolano teste, a meno che non lo decida il ministro Angelino Alfano. Il prefetto di Roma Franco Gabrielli assicura che in futuro ci sarà più coordinamento tra le forze di polizia, a partire da una migliore circolazione delle notizie. Questo è quanto ha deciso il comitato per l'ordine e la sicurezza, convocato all'indomani del funerale-show di Vittorio Casamonica. E del putiferio mediatico che ne è conseguito. «È stata una vicenda gravissima», ammette Gabrielli, «ma lo sforzo delle forze di polizia non è stato vano in questi anni». Il prefetto ha ricordato gli «oltre 117 arresti» precidando che gli investigatori «non scoprono solo ora i Casamonica». Ma allora come è potuto succedere tutto ciò? «Le informazioni c'erano, ma non hanno raggiunto i vertici delle strutture che potevano assumere comportamenti». Gabrielli si sofferma sul volo dell'elicottero: «Se fosse stato un terrorista sarebbe stato un problema per tutti». Anche qui, però, «il tema del sorvolo attiene alla sicurezza nazionale». Riguarda Roma sì, ma le sue istituzioni, il governo e il Parlamento. Non può essere la prefettura o il comune a decidere la no-fly zone. Ma a proposito: che fine ha fatto Ignazio Marino? Il sindaco di Roma non ha partecipato al comitato per l'ordine e la sicurezza della sua città. È in vacanza negli Stati Uniti. «Credo che tornerà verso la fine del mese», spiega l'assessore alla legalità Alfonso Sabella, ma non si sa. Nel frattempo giovedì il consiglio dei ministri ascolterà la relazione di Alfano su mafia capitale e assumerà provvedimenti per preparare Roma al Giubileo. Il Campidoglio, assicurano fonti governative, non rischia lo scioglimento, ma rimane sotto stretta tutela. L'intenzione di Matteo Renzi è quella di affidare poteri crescenti di controllo al prefetto, limitando la libertà d'azione della primo cittadino, soprattutto in prossimità di eventi planetari che il premier non si fida a lasciare nelle sole mani di Marino. Intanto i Casamonica rimangono sotto i riflettori. Se Vincenzo e Loredana Spinelli, imparentati con il defunto “re di Roma” finiscono ai domiciliari per aver aggredito una troupe di Rai 3, un altro ramo della sterminata famiglia, più che Corleone si sente Kennedy. E si lascia intervistare dal settimanale Oggi. «Ci chiamiamo Casamonica, ma non siamo tutti uguali», Tony, Guerino, Concetta e Vittorio jr prendono le distanze dal lato violento della famiglia, «siamo tanti, c'è il buono e il cattivo, zio Vittorio ce lo diceva sempre, di stare alla larga da “quei” Casamonica, “la vita da zingaro è finita”, “dovete essere regolari, studiate, aprite un'attività”». Guerino dice che quel cognome per lui «è una condanna, avevo pensato di cambiarlo, ma non l'ho fatto per rispetto alla mia famiglia. Ci chiamano nomadi ma io siamo qui da sette generazioni, abbiamo fatto il militare. Se scoppia una guerra siamo pronti a partire». Eppure quel funerale è stato eccessivo. Anche per l'agenzia funebre napoletana che ha organizzato il trasporto con la carrozza e i cavalli: «Quei manifesti», quelli che rappresentavano Vittorio Casamonica in abiti papali, «mi hanno lasciato perplesso», ammette Luciano Vaccaro dell'agenzia Cesarano, «le chiese solitamente non concedono l'affissione». Cose che non dovranno più ripetersi: ieri la Questura di Roma ha emesso un divieto per le celebrazioni in occasione della messa di suffragio richiesta dai Casamonica per il 26 agosto nella parrocchia di San Girolamo Emiliani a Casal Morena. La cerimonia, ha spiegato il vice questore De Angelis, «si dovrà svolgere in forma strettamente privata». di Salvatore Dama

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