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Richiamo dal Congresso Simit:“700 casi di malaria ogni anno”

L'Oms ha dichiarato l'Italia malaria free nel 1970, anche se non tutti i casi sono prontamente segnalati. Vaccino disponibile all'inizio del 2018, ma fondamentale la diagnosi immediata

Maria Rita Montebelli
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La malaria è una malattia i cui sintomi possono essere facilmente accostabili a quelli di una normale influenza. La diagnosi da parte dell'infettivologo risulta immediata qualora il paziente abbia effettuato nel passato recente un viaggio in paesi in cui la malaria è endemica ed è definitivamente verificata da un semplice esame al microscopio. La tempestività della diagnosi è fondamentale poiché un ritardo potrebbe comportare profonde complicazioni come riscontrato in 1 caso su 10. Ogni anno in Italia si registrano circa 650-700 casi di malaria di importazione anche se di recente non è stata esclusa la possibilità che la patologia potesse essere scatenata da agenti autoctoni. Infatti, alcune aree del nostro Paese sono interessate da un persistente fenomeno di anofelismo residuo, ossia dalla presenza di zanzare Anopheles, responsabili della trasmissione del virus. Inoltre, alcuni studi hanno recentemente ipotizzato un probabile reinserimento della malaria da plasmodium vivax, anche se gli ultimi casi di cronaca attestano una infezione da falciparo, definita la più pericolosa per l'uomo. Il Congresso nazionale Simit, Società Italiana di malattie infettive e tropicali tenutosi a Salerno è stato occasione di confronto circa le problematiche attuali, con numerosi approfondimenti concernenti HIV, epatiti, aderenza ai farmaci, vaccinazioni, malaria e chikungunya. “Il rischio che la malaria torni ad essere endemica in Italia è molto basso – spiega il professor Spinello Domenico Antinori dell'Università di Milano – anche se in anni recenti sono stati segnalati, ad esempio in Grecia, casi di malaria autoctona. Tra le forme autoctone, cosiddette criptiche, abbiamo registrato la malaria aeroportuale, a causa di zanzare che viaggiano con gli aeromobili, e che possono essere vettori della malattia nei pressi degli aeroporti, o quella da bagaglio. Molto rari, invece, i casi di trasmissione per siringa”. Buona parte dei casi di malaria di importazione è registrata al Nord, con 2 casi su 3, ma è probabile che il fenomeno della sottonotifica della patologia (non tutti i casi vengono effettivamente segnalati al Ministero della Salute) si aggiri attorno al 5-6 per cento, dato che incrementa nelle regioni meridionali. Le infezioni vengono maggiormente riportate in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio. Pochi gli episodi malarici nelle isole, maggiori in Sicilia. Nel Sud pochi casi in Puglia e in Campania. “La malaria interessa soprattutto turisti e viaggiatori, circa un individuo su quattro – sottolinea Antinori – Tutti gli altri sono soggetti dove la malaria è endemica: parliamo in special modo di un gruppo, quello definito Vfr, ossia visiting friends and relatives, vale a dire persone che vivono nel nostro territorio ma che ritornano sporadicamente nel loro paese d'origine. In questi casi, si tratta di individui con scarsa consapevolezza del rischio malarico che non effettuano la chemioprofilassi e hanno perso quella condizione di semi immunità. Si tratta di casi che interessano soprattutto l'Africa sub-sahariana, e questo spiega perché in Italia circa l'80 per cento dei casi di malaria di importazione sia da plasmodium falciparum. A volte ci sono episodi legati a trasfusioni di sangue, ma sono molto sporadici”. Il vaccino contro la patologia malarica ha superato le varie fasi di sviluppo e si prevede il suo arrivo per i primi mesi del 2018: è già pronto per essere inserito nei programmi vaccinali di alcuni Paesi africani, quali Kenia, Ghana e Malawi e le sue caratteristiche di fattibilità saranno verificate su larga scala (oltre 360 mila bambini). “Si tratta di un vaccino imperfetto, che dura 3 anni - spiega il professor Francesco Castelli, ordinario di Malattie Infettive, Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali Università di Brescia - e che garantisce una protezione del 30-40 per cento. L'efficacia comunque garantirà di salvare decine di migliaia di vite. Evitare una morte su tre non è l'ottimale, ma comunque un punto di partenza. Per i viaggiatori rimangono invece le varie procedure profilattiche, per evitare la puntura della zanzara e, laddove indicato, l'uso di farmaci”. Le malattie a trasmissione vettoriale sono piuttosto diffuse in tutte il mondo e risentono dell'epidemiologia del vettore. La Chikungunya ha colpito specialmente a Roma e nel Lazio per via della zanzara tigre, ma si tratta di una malattia poco sintomatica (febbre, dolori alle articolazioni e piccole eruzioni cutanee), la cui durata non supera i 7 giorni. Per quanto riguarda Zika invece, lo scalpore iniziale si è drasticamente sopito in quanto le segnalazioni sono fortemente diminuite, in seguito ad azioni efficaci contro le zanzare. La lotta alle zanzare resta comunque piuttosto complessa anche se l'Italia registra un rischio molto poco elevato in quanto la zanzara tigre non è un buon vettore per la malattia malarica. “Per creare un'epidemia ci vuole una contemporaneità di elementi che la possono provocare - spiega ancora Castelli – Questo negli anni scorsi non si è verificato, ma quest'anno sì. Ed è probabile che questa ipotesi si realizzi nuovamente nei prossimi anni, tanto in Italia quanto in altri Paesi del bacino mediterraneo. Si tratta di un problema di mobilità umana, con centinaia di migliaia di spostamenti ogni anno. Perché diventi endemica bisognerebbe trascurarla, quindi non si escludono piccoli focolai nei mesi estivi, ma il rischio di diffusione a livello epidemico è improbabile nel nostro Paese sia per la comparsa dei mesi freddi, sia per le essenziali pratiche di disinfestazione da adottare tempestivamente in seguito alla pronta segnalazione dei casi”. (FEDERICA BARTOLI)

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