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Concepire un figlio è difficile?“Se la colpa è anche del Dna”

La capacità riproduttiva maschile e femminile è messa a dura prova dall'aumento dell'età media del primo parto. Ma le tecniche di procreazione assistita si fanno sempre più avanzate

Maria Rita Montebelli
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Centomila nati in meno in Italia negli ultimi anni. Colpa della crisi e dei mutamenti sociali, certo, ma stando a recenti dati Istat ci sono altri fattori in gioco, primo fra tutti un problema di fertilità frutto di un circolo vizioso: se da un lato il numero medio di figli per donna scende a 1,34 – rispetto all'1,46 del 2010 - dall'altro la riduzione del numero medio di primi figli per donna tra il 2010 e il 2016 è responsabile per il 57 per cento del calo complessivo della fecondità delle donne italiane e per il 70 per cento di quello delle straniere. “Considerare centomila bambini in meno negli ultimi anni e ben 12mila in un solo anno significa dover far i conti con motivi medici e sociali - sottolinea il professor Ermanno Greco, direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione, European hospital di Roma, e presidente del IV° European fertility meeting ‘Strategies to improve in vitro fertilisation success rate' a Roma - Tra le cause di più recente scoperta c'è l'alterazione della morfologia della testa degli spermatozoi, che rende molto difficile la fecondazione naturale, poiché non riescono a penetrare all'interno degli ovociti – continua Greco - la soluzione in questo caso consiste nel micro iniettare lo spermatozoo direttamente dentro l'ovulo femminile. Un'altra causa di infertilità è la mancata integrità del Dna contenuto nella testa degli spermatozoi. Si è visto infatti che in moltissimi casi di infertilità maschile o di insuccesso di programmi di procreazione medicalmente assistita (Pma), in cui embrioni di ottima qualità non erano stati in grado di impiantarsi all'interno dell'utero, gli spermatozoi presentavano una frammentazione, ossia una vera e propria spaccatura della doppia elica del Dna”. Questa alterazione del Dna è dovuta ad un aumento dei radicali liberi presenti nel liquido seminale, legata a diverse patologie come il varicocele, ovvero la dilatazione delle vene del testicolo, con reflusso di sangue e aumento della temperatura, nociva per una normale formazione degli spermatozoi. E poi il criptorchidismo, che rappresenta la mancata discesa alla nascita di uno o di entrambi i testicoli nel sacco scrotale. Da non sottovalutare anche le infiammazioni della prostata, che fanno aumentare la concentrazione di globuli bianchi all'interno del liquido, e anche gli errati stili di vita come il fumo e l'alcol e le droghe, spesso prese insieme, l'obesità e il consumo di anabolizzanti, che si diffonde sempre di più anche tra i minorenni. Come sottolineato anche dall'indagine Istat un altro fattore molto importante è l'età nella coppia, sia per gli uomini sia per le donne. “Decidere tardi di aver un figlio ha conseguenze evidenti – aggiunge Greco - poiché l'ovocita presenta una vera e propria capacità riparativa nei confronti del danno degli spermatozoi, che però diminuisce con l'aumentare dell'età materna. Quest'ultima infatti comporta un aumento significativo delle anomalie cromosomiche che sia naturalmente sia in vitro danno luogo ad embrioni che generalmente o non s'impiantano o abortiscono”. Tuttavia con la cosiddetta diagnosi genetica preimpianto, uno dei vari temi affrontati nel corso del meeting, è oggi possibile distinguere gli embrioni sani da quelli malati e quindi trasferire nell'utero materno solo quelli sani con percentuali di successo dell'impianto che si aggirano intorno al 60/70 per cento, anche trasferendo un singolo embrione. “L'azoospermia, ossia l'assenza totale di spermatozoi – conclude Greco - rappresenta sicuramente la forma più grave di alterazione riproduttiva maschile ma oggi una buona parte di questi pazienti può ancora avere un figlio proprio. Si è infatti potuto constatare che circa il 70 per cento di essi hanno ancora spermatozoi vitali nei testicoli, che si possono estrarre con procedura microchirurgica ed iniettare in vitro direttamente all'interno degli ovociti. Particolare attenzione deve essere riposta a tale tipologia di pazienti, poiché alcuni di loro possono essere affetti da patologie genetiche, che potrebbero compromettere la salute del nascituro, se non si procedesse ad un programma di diagnosi genetica sull'embrione”. (MATILDE SCUDERI)

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